Ansia, tristezza, rabbia. Sono le emozioni espresse dai bambini, preoccupati per il futuro del pianeta. È quanto emerge da uno studio italiano, primo e unico nel panorama scientifico internazionale, condotto su circa mille alunni di scuola primaria e presentato presso l’Università di Pavia.
Secondo la survey, intitolata “L’impatto psicologico del cambiamento climatico: una sfida per le nuove generazioni”,
il 95% dei bambini si dichiara preoccupato per l’ambiente. Più di uno su 3 (il 40%) riferisce di aver fatto un brutto sogno sul cambiamento climatico e sul riscaldamento globale, e/o di aver fatto fatica a dormire o a mangiare a causa di questo pensiero. L’indagine è nata nell’ambito del progetto educativo di ScuolAttiva onlus “A scuola di acqua - sete di futuro”, sostenuto da nove anni dal Gruppo Sanpellegrino e dedicato alla sensibilizzazione dei più giovani sull’importanza dell’acqua e della sostenibilità ambientale. Condotta con la supervisione scientifica del Laboratorio di psicologia della salute del Dipartimento di scienze del sistema nervoso e del comportamento dell’Università di Pavia, e in collaborazione con Triplepact Società Benefit, la ricerca ha previsto la somministrazione di una survey realizzata con metodologia Cawi (Computer assisted web interview), e ha coinvolto un campione di circa mille bambini tra i 5 e gli 11 anni di diverse regioni italiane, comprese Toscana ed Emila Romagna, colpite l’anno scorso da una violenta alluvione.
Un dato sorprendente. Nessuna differenza nelle risposte degli intervistati tra chi ha vissuto in prima persona un evento estremo, e chi no. Così come il 95.6% di tutto il campione si percepisce direttamente responsabile della situazione, e il 97.2% pensa che il proprio contributo possa fare la differenza per la salute del pianeta. Fondamentale anche l’impegno attivo degli adulti, nei quali è riposta la fiducia del 72% dei più piccoli. Abbiano commentato l’indagine con Serena Barello, direttrice del Laboratorio di psicologia della salute dell’Università di Pavia e coordinatore scientifico dello studio.
Professoressa Barello, come nasce l’idea di un’indagine sui bambini, un inedito assoluto?
Due le motivazioni. Nella letteratura scientifica sono presenti survey in materia, ma solo sulla popolazione adulta; abbiamo pertanto voluto colmare un vuoto. Poi c’è una ragione molto pragmatica: riuscire a cogliere le determinanti psicologiche e ambientali che portano i bambini ad avere una reazione di preoccupazione rispetto al climate change ci aiuta a capire di che cosa hanno realmente bisogno, nello specifico, per essere aiutati a diventare parte attiva nel cambiamento. Ci consente di essere più personalizzati ed efficaci nei nostri interventi su di loro.
La consapevolezza degli impatti dell’informazione sui bambini dovrebbe chiamare noi operatori della comunicazione a maggiore responsabilità…
La letteratura scientifica internazionale parla di “effetti vicari” del cambiamento climatico sulla salute mentale. Avere un dato a sostegno dell’impatto del nostro lavoro quotidiano sulla vita delle persone è un’ulteriore spinta a fare bene il nostro mestiere: voi come media, noi come scuola e università, quindi come agenzie educative. Tutto ciò che raccontiamo ha delle conseguenze: il discorso sociale che si costruisce intorno alle narrazioni fatte dalle fonti di informazione è ciò che modella il comportamento quotidiano delle persone (adulte e non) e ne influenza la visione del mondo e del futuro.
Media e agenzie educative giocano un ruolo fondamentale nella “costruzione” della realtà intorno a noi.
L’eco-ansia può sfociare in un disturbo mentale?
Non è, in sé, una patologia psichiatrica ma può costituire un fattore di rischio, sostiene l’American Psychological Association, invitando a trattare questo fenomeno non con sguardo clinico, ma considerandolo un potenziale fattore di stress, come molti altri ai quali siamo esposti nella nostra quotidianità.
Quali strumenti di prevenzione?
Un’informazione il più possibile corretta e trasparente, senza inutili allarmismi, che spieghi anche ciò che è possibile fare per contrastare il riscaldamento globale. È importante promuovere l’engagement delle nuove generazioni nella tutela dell’ambiente e nel contrasto al climate change attraverso iniziative di formazione e sensibilizzazione. Quanto più avvertiamo di poter fare qualcosa di concreto, che le nostre azioni – anche piccoli gesti quotidiani – hanno valore ed efficacia, tanto più non rimaniamo schiacciati da un mondo che per definizione è più grande di noi e non ci consente di controllare tutto. Sentirsi agenti di cambiamento, e non vittime dei fenomeni che ci circondano, costituisce un fattore protettivo nei confronti dell’eco-ansia e migliora il nostro benessere mentale e la nostra salute in generale.