Dall’emergenza dei rifiuti sui cigli delle strade al riscaldamento globale, dal divieto di utilizzare la plastica monouso negli stabilimenti balneari pugliesi alla situazione drammatica dell’Ilva di Taranto.
Sono tanti i temi che sono stati trattati l’altra sera a Lecce nel corso dell’evento “In prestito dai nostri figli”, un’occasione, voluta dall’assessore regionale Loredana Capone, per riflettere, confrontarsi e raccogliere idee e proposte sui temi più delicati che riguardano la tutela dell’ambiente. L’evento ha visto la partecipazione di mons. Michele Seccia, arcivescovo di Lecce, a cui sono stati affidati i saluti d’apertura, di Andrea Tundo per Fridays for Future Puglia, Roberto Paladini per CulturAmbiente e mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto. Il dibattito è stato moderato da un eccellente Paolo Paticchio, dell’associazione Treno della Memoria.
Lo scorso 15 marzo si è svolto lo Sciopero Mondiale promosso dal movimento Fridays For Future, guidato dalla giovanissima Greta Thunberg, che ha portato decine di migliaia di giovani e studenti nelle piazze di tutto il mondo, a manifestare per la salvaguardia dell’ambiente. A distanza di qualche settimana, il dibattito fortunatamente non si spegne, e anzi si alimenta di contributi autorevoli col fine di raggiungere risultati concreti.
“Questo appuntamento - introduce Loredana Capone - è un modo per guardarci negli occhi e ascoltarci. Non può bastare che ognuno di noi faccia la sua parte. Come Regione abbiamo la necessità di ascoltare le associazioni, le imprese, le cooperative che ci aiutino ad individuare le criticità. Dobbiamo diventare un piccolo laboratorio vivente, un living lab, nel quale possiamo confrontarci e dal quale possano scaturire le nostre proposte. A Bari oggi abbiamo deliberato una somma di 4 milioni di euro destinata ai Comuni per eliminare rifiuti dalle zone costiere, ed è invece di qualche settimana fa l’ordinanza balneare contro l’uso della plastica monouso nei lidi. Sono iniziative importanti, lodevoli nell’intento, potenti a livello d’impatto immediato, ma possono non essere sufficienti. Accanto al divieto, occorre inquadrare le iniziative in un contesto culturale, per cambiare le abitudini, le prassi, le mentalità. È un processo educativo, che richiede tempi più lunghi ma a cui tutti insieme, sinergicamente, dobbiamo tendere”.
Le fa eco mons. Seccia, che nel suo intervento, breve ma intenso, converge sulla necessità di un lavoro di tipo pedagogico, soprattutto sulle nuove generazioni e racconta l’esperienza di un libro realizzato a Teramo sulla Laudato Sii, con i ragazzi delle scuole elementari e medie. “Non bastano attività singole ed estemporanee, occorre un lavoro più strutturato che consenta di acquisire cultura e rendere stabili i comportamenti. Avvertiamo l’esigenza di modelli da seguire - e in questo i genitori hanno un ruolo fondamentale - affinché le buone prassi diventino stili di vita”.
Mons. Filippo Santoro, infine, da anni sentinella e megafono delle emergenze ambientali sul territorio di Taranto, e in primis sull’Ilva, racconta, in un intervento molto coinvolgente e toccante, la sua esperienza a contatto con i soggetti direttamente coinvolti: “Quando una persona ha due figli, non può ascoltare le istanze di uno e tralasciare quelle dell’altro. Davanti a me arrivano persone disperate che sono state colpite dalla malattia, e mi scongiurano di intervenire per fermare questa tragedia quotidiana. Ma arrivano anche persone, padri di famiglia, terrorizzati dalla possibilità concreta di perdere il lavoro. E il lavoro è ciò che determina la dignità di una persona, non la sopravvivenza. Per questo noi tutti abbiamo il dovere di provare a salvaguardare l’una e l’altra istanza, provando a capire se ci sono le condizioni per garantire i posti di lavoro senza continuare ad attentare alla vita delle persone. La soluzione c’è, e si chiama innovazione tecnologica. Magari non è immediata, ma abbiamo il dovere di perseguirla. Come Chiesa, poi, abbiamo un ulteriore compito, quello di alimentare la speranza, la speranza in un mondo migliore per tutti”.
Tutti compatti, dunque, sulla necessità di una strategia comune per un progetto più ampio, che non si limiti soltanto ad un’ecologia “fisica”, ovvero attenta a tutelare l’habitat dei diversi esseri viventi, ma che consideri anche un’ecologia “umana”, che renda più dignitosa l’esistenza delle persone proteggendone il bene della vita in tutte le sue manifestazioni e preparando alle future generazioni un ambiente sano e armonioso.