La casa è il luogo più sicuro, stare in famiglia ti tiene lontano dai pericoli, così ripetevano i nonni e i genitori, nell'era in cui chiuse le porte e le finestre di casa non poteva accadere nulla di male. I pericoli erano all'esterno. I pericoli non potevano entrare in casa.
Oggi invece si muore anche all'interno della propria casa per un pericolo che viene dal mondo digitale. Si cammina su un cornicione, si fa un selfie estremo, si attraversa l’autostrada a piedi e al buio, ci si stringe una corda intorno al collo: si tratta di prove estreme di coraggio e chi le fa è guidato solo dal desiderio di osare l’impossibile. Il confine tra vita e morte di queste sfide però è molto sottile.
In queste sfide nella maggior parte dei casi si è soli, perché è la solitudine che crea il disagio. Nei social i ragazzi sono soli, pur in contatto virtuale con centinaia e migliaia di altri follower, ma nella realtà sono soli con se stessi e con una voce-guida che dice” tu ce l'hai il coraggio di farlo?”.
Se qualcuno fermasse un nostro giovane per strada e gli chiedesse di stringersi una cintura al collo è molto probabile che risponderebbe di no, invece, online questa sfida assurda può diventare “interessante", perché avviene all’interno di un social in cui tanti altri tuoi amici stanno facendo lo stesso , perché mostrando il tuo video riceverai tanti like e sentirai di aver provato a te stesso e agli altri che sei unico e speciale.
Questi sono gli ingredienti di Tik tok, gli ingredienti mortali che hanno portato una bambina di Palermo e poi a Bari a provare ad essere invincibili, per una manciata di like.
Ogni giorno, milioni di messaggi in rete rendono accettabile ciò che non lo è. Un caleidoscopio digitale di colori, suoni, grafiche fanno apparire belle, cose in realtà orribili e desensibilizzano al pericolo.
Non si può giudicare la famiglia, non si possono condannare i genitori. Nessuno può farsi maestro, nessuno deve lontanamente pensare: a me non sarebbe capitato.
I filtri come i parental control, sono in continuo aggiornamento, cambiano di mese in mese se non di ora in ora. Stare dietro a tutta questa tecnologia non è affatto semplice.
Qualche giorno fa coglievo lo sfogo di un ragazzino che non ha ancora il cellulare: "Io sono sfigato per i miei compagni, sono uno diverso i miei genitori non lo comprendono”. E allora se non ci si adegua alla mentalità comune, ci si sente fuori dal mondo; sfrattati da una società dove chi non è online è come se non fosse vivo.
Non sono i divieti a far crescere i nostri ragazzini rinchiudendoli in una bolla di vetro. Non è così che li salveremo. Ci salvano solo l'informazione, la formazione, l'educazione e il dialogo.
La diocesi di Torino qualche anno fa, ha organizzato un corso per informare i genitori sul cyberbullismo e sul modo di tutelare i ragazzi dai pericoli di internet. Un corso organizzato in collaborazione con la polizia postale con ospiti autorevoli del mondo della giustizia e della comunicazione. Un corso che però purtroppo ha visto pochi partecipanti. Ci sono molte occasioni per potersi formare dobbiamo coglierle al volo.
Non bisogna pensare: "a me non succederà" oppure “io non ne ho bisogno". Siamo tutti Cappuccetto rosso nel bosco, il lupo è dietro l'angolo.
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