La luce in fondo al tunnel si vede ma non è tempo di distrazioni. Nella battaglia contro il Sars-Cov2 la prof. Patrizia Laurenti, direttore dell’unità di Igiene ospedaliera e responsabile del centro di vaccinazione del Policlinico Gemelli, è ogni giorno in prima linea.
Sul campo, vede gli ottimi risultati degli studi sul vaccino Sputinik e l’impegno per mandare avanti la campagna di vaccinazione anche per pazienti con fragilità. Ma sulle piscine è chiara: meglio lasciarle chiuse.
Secondo uno studio dell’Istituto superiore di sanità, la variante inglese è più trasmissibile del 37 per cento. É questo il nemico da combattere ora?
È verosimile che la variante inglese soppianterà quella precedente ma ciò non ci deve terrorizzare. Ci deve convincere dell’importanza di stringere i denti in questo ultimo mese che, insieme alla implementazione della campagna vaccinale con più vaccini possibili, ci permetterà di esserne fuori e poter vedere veramente la luce in primavera. Le ultime misure del ministro Speranza credo siano condivisibili.
Come sta andando la vaccinazione al centro del Gemelli?
Bene, ci attestiamo intorno a una media di 280 vaccinazioni al giorno ma ne facciamo anche 430. Il periodo considerato va da fine dicembre a fine febbraio perciò la media è anche sottostimata. Ora stiamo finendo di somministrare le dosi agli operatori sanitari. Contiamo di finirli entro la prossima settimana. Al Gemelli si tratta di oltre 10mila persone, compresi gli specializzandi. Il mio gruppo crede molto nella vaccinazione e vorremmo spingere, anche superando alcuni vincoli burocratici che non ci possiamo permettere.
Al momento state vaccinando gli over 80?
Dall’8 febbraio ad oggi abbiamo vaccinato circa 100 anziani al giorno. Abbiamo iniziato i fragili, soprattutto gli emodializzati, circa 20 dosi al giorno, e premiamo per iniziare le altre tipologie di pazienti fragili. Per fare questo serve l’aiuto dei loro curanti che hanno il ruolo di selezionare chi ha la priorità. I curanti non sono abituati a fare una azione di prevenzione, di solito, mirano alla cura, alla ripresa di una funzione lesa. In questo caso però la prevenzione fa parte del processo di cura perché una persona fragile che riceve il vaccino ha più chance di curare la malattia di base.
Saranno quindi gli specialisti a indirizzarvi i pazienti?
Sì dovranno essere loro. Ce ne sono alcuni molto sensibili, per altri dovremo lavorare perché è importante. La strategia inglese e israeliana di somministrare una sola dose di vaccino sta raccogliendo consensi nella comunità scientifica. Gli studi finora prodotti mostrano che dopo una prima fiala si creano già gli anticorpi.
I dati sono interessanti perché provengono dal campo. Le stime di efficacia precedenti erano sulla base delle sperimentazioni cliniche. Ora la platea si è ampliata e i risultati sono molto interessanti sia in termini di efficacia vaccinale sia organizzativi. Sono risultati a cui guardo con curiosità e speranza. È giusto che quello che viene evidenziato sul campo modifichi quello che è stato sperimentato nelle fasi precedenti.
Sembra che il ministero della Salute stia preparando una circolare per indicare nuove regole: chi è stato infettato dal virus da più di sei mesi farà una sola dose di vaccino, chi invece è risultato positivo più di recente dovrà aspettare.
La situazione dipende dal titolo anticorpale che hanno sviluppato, mi riferisco agli anticorpi neutralizzanti. Attendiamo i dati e vediamo cosa dirà la circolare.
Nel frattempo Pfizer e Biontech valutano se aggiungere una terza dose del loro vaccino contro la variante sudafricana.
La sudafricana è apparentemente la più pericolosa dal punto di vista degli esiti clinici. Bisogna vedere i dati e per questo preferisco non pronunciarmi. La caratteristica di questi vaccini è che la tecnologia di produzione è talmente versatile che, se il virus muta, si può modificare l’istruzione contenuta per proteggere dalle varianti. La terza dose può essere utile non per rendere più efficaci le prime dosi ma per mirare in maniera più specifica contro la variante.
Che ne pensa di riaprire le piscine e le palestre? Francesco Landi, responsabile di Medicina interna geriatrica del Gemelli, è convinto che sia possibile.
Le palestre all’aperto, se il tempo sarà favorevole, possono essere un’ottima soluzione. Molte società sportive consentono già gli allenamenti individuali all’aperto. Sulle piscine al chiuso, preferirei ancora non rischiare.
In tanti, per ultimo l’ex presidente Prodi, spingono per l’acquisto del vaccino Sputnik. La scorsa settimana la commissione dello Spallanzani lo ha promosso. Lei come lo giudica?
I risultati pubblicati recentemente della sperimentazione sono molto interessanti. L’efficacia è del 91,6 per cento. Inoltre la tecnologia è consolidata. Non ci vedo nulla di male nella scelta per esempio fatta da San Marino. Più vaccini abbiamo meglio è e auspico che, in base ai risultati, venga approvato dalla autorità regolatoria.