Non serve essere ferventi cattolici per inciampare nei tabù sul sesso. Da sempre, solo la parola provoca e genera contrasti. Ma fra la morale più bigotta e la lussuria sfrenata qual è la strada indicata da Dio per l’umanità?
Prova a rispondere Giovanni Scifoni nel suo “Santo piacere. Dio è contento quando godo” che torna al teatro Sala Umberto di Roma, dal 26 al 31 dicembre. Sul palco l’attore pone a confronto la fede e il godimento della carne. Da mattatore, si cala nei panni del pacato don Mauro e del pizzaiolo Rashid, moderno e musulmano, riporta alla memoria gli anni ’80, i secoli e i Papi del passato, mette alla prova il pubblico, facendolo divertire e poi commuovere. Lo spettacolo, diretto dal regista Vincenzo Incenzo e arricchito dalle performance della ballerina Anissa Bertacchini, nelle precedenti stagioni ha avuto molto successo ed ha subito uno stop solo per colpa del lockdown. Ed anche l’edizione di quest’anno incontra il favore degli spettatori, tanto da convincere il teatro a prolungare le repliche fino al 31 dicembre.
Lo spettacolo ha esordito nel 2019. È cambiato dal debutto?
Per forza. Lo spettacolo risente tantissimo della vita e di quello che proviamo. È inevitabile che ci siano quindi dei cambiamenti.
Il Papa ha dichiarato qualche giorno fa: “I peccati carnali non sono gravi”.
Il Papa ha alzato una schiacciata perfetta, da alzatore. Battute a parte, il Papa dice quello che già dicevano le Sacre Scritture e i padri della Chiesa per i quali l’avarizia era considerata un peccato peggiore, come per esempio nella patristica di San Giovanni Crisostomo e San Basilio. Poi c’è stata la morale borghese che si è mescolata.
Spesso i cattolici passano per sessuofobici.
Ci sono. Abbiamo dei seri problemi anche noi cattolici. Ma il sesso è talmente centrale nella nostra vita, gli diamo tanta importanza. Ad esso è legata una ideologia, un’aspettativa, un senso d’inadeguatezza e lo consideriamo spesso un elemento per essere accettati all’interno della comunità. È sempre stato così e lo è ancora di più oggi perché viviamo in una società del corpo che mette l’immagine del corpo innanzitutto. Oggi diciamo “io sono omosessuale” o “io sono eterosessuale” come se fosse l’elemento che più di ogni altro caratterizza la nostra personalità. Ma non è vero. Io sono ben altro e ho ben altro.
L’essere umano è molto di più oltre al sesso, forse è proprio questo quello che ci sta dicendo il Papa.
Nel mio spettacolo racconto che il piacere è tanto altro oltre al sesso, ma che il sesso ha un ruolo fondamentale nella nostra vita e società, nelle scelte che facciamo.
E cosa hai scoperto, cos’altro dà piacere?
In un matrimonio, per esempio si scopre quanto piacere ci sia oltre al sesso nell’allattamento. Mi piace ricordare un esperimento di laboratorio molto simpatico in cui una topolina poteva spingere una levetta per ricevere un po’ di cocaina o un’altra levetta che le faceva trovare un cucciolo da allattare. Alla fine, la topolina sceglieva sempre il cucciolo rispetto alla cocaina. L’allattamento è uno di quei piaceri fortissimi che proviamo nella vita ma che poi dimentichiamo. Spesso si dice delle coppie anziane che si fanno solo compagnia, ma non è poco! È tantissimo farsi compagnia.
C’è qualcosa che nello spettacolo è stato difficile affrontare?
È stato difficile rispondere a una grande domanda che mi faccio da sempre: il sesso è problematico, spaventa ed è divisivo, come mai la Chiesa ne parla così tanto? Non avrebbe nessuna convenienza a farlo. Perché è disposta a perdere tutto per questa battaglia? È una domanda complessa. Infatti, nello spettacolo con un escamotage non rispondo.
Hai tre figli, parli mai di sesso con loro?
Ne parliamo molto in casa perché se non lo facciamo noi lo fanno altri. Abbiamo affrontato molti temi senza mai prevenire. È l’unica regola che ci siamo imposti: non affrontare nessun tema che non venga espressamente domandato dai figli. Ogni figlio infatti ha il suo tempo, ha il momento in cui vuole sapere.
Lo spettacolo sta andando molto bene, stai pensando di aggiungere delle date?
Sì, il teatro mi ha chiesto di prolungare dal 26 al 31 dicembre.