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Un cantiere che ha del colossale come le misure del "Cupolone" progettato dal Buonarroti e da Giacomo Della Porta. La sommità della Basilica vaticana, racconta l'Osservatore Romano, è al centro di una complessa opera di restauro, in particolare nella parte del "tamburo".

 

 

Da qualche tempo, c’è un imponente ponteggio intorno alla maestosa cupola di San Pietro. È l’inizio di un importante lavoro di restauro del tamburo che fa parte di una grande progetto conservativo resosi necessario dal degradato stato di conservazione della superficie lapidea. Ci spiega i dettagli di quanto sta avvenendo Luca Virgilio, architetto della Fabbrica di San Pietro, che si è occupato anche del restauro del prospetto esterno della basilica e delle cosiddette cupole minori. Il cantiere di restauro della grande cupola della basilica di San Pietro, in particolare del tamburo, è iniziato il 2 settembre 2019 con il montaggio del ponteggio. Il tamburo è caratterizzato «dalla presenza di sedici contrafforti che scandiscono l’intera superficie architettonica». L’intervento, spiega l’architetto, «è diviso in due grandi lotti ognuno dei quali comprende otto settori del tamburo». È stato iniziato con la parte frontale del manufatto, quella che guarda verso la piazza, in modo da essere la prima a venire smontata per dar modo ai pellegrini e ai visitatori di «apprezzare il prospetto principale della cupola nella sua ritrovata integrità e nel suo originario candore».

 Migliaia di metri quadrati

Il progetto prevede quattro anni di lavori: due per il primo lotto, salvo imprevisti, che comprende otto specchiature e otto contrafforti. Anche per il secondo lotto occorrono due anni di lavori per sistemare gli otto contrafforti e le otto specchiature. Concluso questo intervento, nota Virgilio, sarà completato il restauro di tutti i prospetti esterni della basilica. Infatti, in occasione del Giubileo del 2000 fu restaurata la facciata. Nel 2007 è stato iniziato il restauro dei prospetti esterni e in un secondo momento delle due cupole minori Gregoriana e Clementina, «per una superficie totale di oltre 35.000 metri quadrati». Questo intervento rappresenta, quindi, il lavoro conclusivo e riguarda il restauro del tamburo della cupola di San Pietro.

Per avere un’idea delle dimensioni della superficie interessata, basta considerare che il tamburo «sviluppa una superficie complessiva di 8.900 metri quadrati di travertino, compresi gli aggetti architettonici e la superficie dei sedici contrafforti, mentre il “maschio” del tamburo sviluppa una superficie di 440 metri quadri di muratura di laterizio a faccia vista». L’altezza complessiva del tamburo «è di 36,63 metri, la circonferenza alla base delle colonne dei contrafforti è di 168 metri; quella alla base delle finestre è invece di 153 metri». Misure imponenti, quindi, per i lavori. Che sono di conseguenza importanti e si collocano in continuità con il precedente restauro dei prospetti laterali della stessa basilica e delle cupolette Gregoriana e Clementina, iniziato nell’aprile 2007. Le cupole minori, fa notare l’architetto, «quasi identiche per forma e superficie, sviluppano ognuna una superficie pari a 1.345 metri quadri».

Bellezza e meccanica

Questo progetto «nasce e si sviluppa con l’intento di soddisfare la duplice esigenza estetica e funzionale». Infatti, se uno degli obiettivi è quello «di restituire l’antico splendore alla complessa struttura architettonica della basilica, dall’altra vi è la necessità di ripristinare le caratteristiche meccaniche di efficienza e sicurezza della pietra che compone gli elementi architettonici».
Per comprendere meglio le dimensioni del cantiere e la complessità dell’intero meccanismo che si è messo in moto per la buona riuscita del lavoro, si deve considerare che «la superficie complessiva del tamburo è superiore di oltre duemila metri quadri rispetto all’intera facciata, che sviluppa una superficie totale di settemila metri quadri di travertino». In particolare, per la realizzazione delle attività di restauro si è reso necessario il montaggio di una imponente impalcatura metallica. Questo ponteggio, «dal piano del pavimento del terrazzo, che si trova a una quota di 43 metri circa rispetto al suolo della basilica, consentirà di raggiungere il livello più alto del manufatto da restaurare a 80 metri circa, corrispondente al cosiddetto il “giro dei monti” al di sopra dell’attico del tamburo della cupola».

Diagnosi al laser

Da un punto di vista tecnico, spiega Virgilio, il progetto prevede indagini diagnostiche e la realizzazione di un rilievo effettuato con un laser-scanner, che «serve per comprendere meglio la complessa struttura architettonica progettata da Michelangelo e Giacomo Della Porta». Su questo elaborato grafico vengono «sintetizzate tutte le informazioni relative allo stato di conservazione dei materiali e alle diverse tipologie di degrado e alterazioni, di origine chimica, fisica e meccanica, presenti sulla pietra». Inoltre, sul rilievo vengono realizzati «dei grafici e illustrati, attraverso una legenda, tutti gli interventi di restauro eseguiti nel tempo». Il lavoro prevede anche lo studio di frammenti di pietra, stuccature e depositi di particolato, la revisione dell’impianto parafulmine e, infine, la pulitura, il consolidamento e la protezione del paramento lapideo. 

La storia rispettata

In sintesi, pulitura, consolidamento e protezione sono i tre punti principali degli interventi finalizzati a proteggere il manufatto e ritardarne il processo di degrado. Nel restauro moderno, qualsiasi soluzione che si adotta nei confronti dell’opera, sottolinea l’architetto, «deve rispettare il principio di distinguibilità e reversibilità dell’intervento stesso». Sul tamburo va garantita «la lettura di ciò che è accaduto in quattro secoli di storia, dagli effetti che il trascorrere del tempo ha prodotto sulla materia a ciò che è avvenuto il giorno della posa in opera dei conci». Per San Pietro, la «pulitura del paramento lapideo, rappresenta l’argomento principale dell’intervento di restauro»; la scelta calibrata del “punto di pulitura”, senza «sbiancare completamente la superficie lapidea, conservando la preziosa “patina storica” sull’opera, costituisce il fulcro di tutto l’intervento, perché da esso, si dà origine alla “nuova veste” che apparirà ai nostri occhi una volta concluso il restauro».

*Città del Vaticano

 

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