La fede è chiamata a esprimersi non per una mera “volontà di presenza”, ma per una connaturalità del cristianesimo con la vita degli uomini. La sfida, dunque, non è come “usare” bene la rete, ma come “vivere” bene al tempo della rete. Antonio Spadaro ci suggerisce bene come saper mettere la propria fede in rete.
È impossibile separare l’essere umano dal suo ambiente materiale, dai segni e dalle immagini e anche le sue idee tramite alcuni oggetti tecnici che vengono ideati dagli stessi uomini che se ne servono. La cyber-teologia è capace di comunicare il Vangelo con le capacità proprie della fede, rete intensa nella sua capacità spirituale di avere una logica umana. Una Chiesa “organica, interconnessa, decentralizzata, costruita dal basso, flessibile e sempre in evoluzione la rieduca nelle relazioni di rete comprendendo che la comunione ecclesiale deriva sempre dal “dono” dello Spirito Santo. Ma allora è possibile immaginare forme di liturgia e sacramenti della rete? Il documento La Chiesa e Internet del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali è molto chiaro: “La realtà virtuale non può sostituire la reale presenza di Cristo nell’Eucarestia, la realtà sacramentale degli altri sacramenti e il culto partecipato in seno a una comunità umana in carne e ossa. Su internet non ci sono sacramenti. Anche le esperienze religiose che vi sono possibili per grazia di Dio sono insufficienti se separate dall’interazione del mondo reale con altri fedeli (9)”.
Insomma di fronte ai nostri occhi ci sarà sempre un’immagine ma anche di fronte a noi con la vista noi “contempliamo” la realtà cogliendone al massimo le “informazioni” che contengono, ma non sovrapponiamo la realtà “attuale” con la realtà “virtuale”, fatta sempre di un flusso di informazioni che stanno al di fuori della realtà stessa che io vedo, per vedere meglio. Ora, durante la celebrazione la fede discerne il corpo di Cristo in un’ostia sollevata dal sacerdote nella celebrazione eucaristica e fornice un’informazione aggiuntiva a ciò che i miei occhi già vedono, generando alla percezione una “realtà mista”.
Ciò che rimane è il desiderio di Dio, lo stesso che ci spinge ad abitare la rete cercando un’intelligenza cyber-teologica ma che considera la liturgia il codice dei codici, presupposto di ogni altro codice mediatico e paradigma di ogni autentica comunicazione.