Molte volte si dice: “i ragazzi non sono più quelli di un tempo”. È la stessa tesi di Jean M. Twenge, uno psicoanalista che analizza l’I-generation, quelli nati dagli anni 1995-2012, cresciuti costantemente connessi, e immersi negli smartphone e nei social network.
La colpa di questa epidemia di solitudine, frustrazione e nevrosi di questa generazione è di cellulari e tablet che assorbono cervello, anima e cuore dei nostri ragazzi.
Questi ragazzi che vediamo crescere meno ribelli, da una parte sembra positivo perché più tolleranti o introspettivi, dall’altra sono i meno felici e i meno pronti a vivere il mondo degli adulti. In molti adolescenti la rete ha preso il sopravvento sui rapporti faccia a faccia. I giovani di oggi sono più aperti e più attenti delle precedenti generazioni, ma anche più ansiosi e infelici. Purtroppo molti di loro hanno il famoso rapporto di amore-odio con i social dove se da una parte si pensa di perdere tempo, dall’altra non si ha la forza di aprire un libro e di leggerlo fino alla fine. La vita sociale degli adolescenti si svolge online, con messaggi chiari su chi ci sta dentro e chi no. “Così fan tutti”: perché allora uscire di casa e prendere appuntamenti? I sondaggi sono chiari: gli adolescenti che trascorrono più tempo davanti ad uno schermo tendono ad essere infelici e quelli che si dedicano maggiormente ad attività “extra schermo” tendono a essere più felici. Di fondo c’è una instabilità provocata da una salute emotiva sotto la media: appena qualcuno non risponde ai messaggi o vengono ignorati ci si chiede: Bè, ma esisto, sono viva? La mania dei selfie perfetti che vogliono raggiungere l’immagine corporea idealizzata dai social per una ragazza, che spesso vanno solo a caccia di like; non ci racconta la solita insoddisfazione di questa generazione? E nell’ambito maschile il problema della pornografia non ci fa pensare che un ragazzo non è più capace di uscire con delle ragazze e di solito o pensa al sesso o ad evitarle del tutto? Purtroppo chi ne soffre di più sono proprio quest’ultimi: gli I-generation che mette in dubbio la realtà, in particolare il matrimonio. Più della generazione precedente che sono i Millennial, in quest’ultima generazione osservano come di matrimoni riusciti ce ne sono ben pochi, ed è raro che iniziano a pensare che la loro vita sarà più felice se non si sposano. Stanno diventando “adulti” in un tempo di grande confusione per quanto riguarda l’identità di un gruppo. Allora non è colpa loro, se questa generazione ha paura di sbagliare, occorrono più rassicurazioni e fiducia con una discreta sorveglianza sui loro social per riuscire a coinvolgerli attivamente e farli comprendere le loro potenzialità. Squisitamente tolleranti, consapevoli di eguaglianza, forse hanno lasciato anche le varie “strutture” troppo religiose di una mentalità chiusa, ma dovrebbero avere il coraggio di spiccare il volo lasciando un po' più i social e coinvolgendosi nel sociale imparando come si vince una partita. E gli adulti a fare il tifo per loro.