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Un titolo denso di significati quello scelto da donGiuseppe Spedicato che, per sintetizzare il racconto dei suoi ventisette anni di vocazione sacerdotale, gli eventi, gli incontri significativi, prende in prestito le parole dell’omelia di Papa Francesco durante la sua prima Messa del Crisma come vescovo di Roma, il 28 marzo 2013.

 

 

Nel consacrare gli olii santi il Papa, in una basilica gremita da sacerdoti, espresse una precisa quanto inaspettata richiesta: “Questo vi chiedo, di essere pastori con l’odore delle pecore”, odore umile, naturale, concreto che si acquisisce con una condivisione continua e profonda; pertanto la straordinaria similitudine vuol essere un invito a vivere tra la gente, a condividerne il quotidiano, la gioia e la pena.

E don Giuseppe tra la gente si muove con passione e con uno stile particolare che coniuga fede ed arte, teatro in particolare, un “modo – a suo dire - per imparare a conoscere se stessi, e poi il mondo con un’intensità e una verità differente”. 

Sacerdote ed artista - commenta don Franco Lupo, a sua volta sacerdote e poeta, che “traduce l’arte come figlio di Dio (…) ed il palco diventa altare, ambone di un accogliente liturgia (…), l’arte diventa preghiera (…)”.

Tra la gente “con l’odore di pecore” edito da Milella colpisce fin dalla copertina dall’intenso cromatismo che riproduce la foto di don Giuseppe e papa Francesco e un primo piano delle loro mani intrecciate.

Nel saggio “Vocazione, evocazione, e rispondenza: riflessioni su un’autobiografia del divenire sacerdote” che apre l’opera, il prof Carlo Alberto Augieri, docente dell’Università del Salento, con la consueta profondità ricorda che anche nell’affabulazione autobiografica c’è il punctum espositivo, che permette di comprenderne l’intima intenzione, non sempre palese allo stesso scrittore. Quando all’inizio dell’autobiografia don Giuseppe racconta la sua nascita in un centro di provincia, Monteroni, da una famiglia di modesta condizione: padre contadino, madre ricamatrice, dimostra di risentire del pregiudizio socio- culturale della comunità di appartenenza: “logica terrena mortificante”, che viene ribaltata quando confessa che il brano evangelico che più ha contribuito alla sua formazione è quello di Giovanni 15,1 in cui Gesù definisce il “Padre mio” come vignaiolo, e se stesso come “vera vite”. La condizione di modestia e semplicità del proprio mondo terreno diviene così “significante del Cielo dove il Padre di tutti, (…) universalizza la modestia, salva con la semplicità”. “L’uomo – personaggio ha trovato il suo Autore che è un padre contadino, (..) come il padre terreno, dotato però di una Parola (…) che diventa illuminazione quando parla nel cuore del credente”.  Il protagonista diviene sacerdote e testimone con un proprio stile.

Classe 1968, don Giuseppe Spedicato dopo il liceo classico prosegue nel seminario di Molfetta gli studi che approfondisce con successivi titoli in ambito teologico. Attualmente è parroco presso la matrice di Monteroni e ha l’incarico di assistente diocesano dell’Apostolato della Preghiera. Instancabile nell’impegno in opere di solidarietà sociale, come il progetto “Casa della Befana tra culto, tradizione e leggenda”, attivo in tv, versatile scrittore, autore di numerosi musical sulle grandi figure della Chiesa, apprezzati a livello nazionale ed internazionali tra cui “Non abbiate paura” su Giovanni Paolo II, ha ricevuto vari prestigiosi riconoscimenti tra cui l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica e Cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.

Nell’azione di don Giuseppe “Religiosità ed arte si compenetrano - precisa Augieri a conclusione del saggio - vivere da sacerdote e da artista è una situazione esistenziale che ravviva ed intensifica, perché limitare la fede in concetti ed in pratiche rituali non basta, si perderebbe quell’enérgheìa di espressione e di senso presente in ogni Parola del vecchio e del nuovo testamento”.

Per essere tra la gente “con l’odore di pecore”!

 

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