Oggi più che mai la comunicazione è un tema di grande attualità. I suoi processi incidono profondamente sulla nostra vita e la modificano: per rendersene conto basta accendere la televisione, aprire un giornale e collegarsi a internet.
L’etica della comunicazione sembra ormai fondamentale perché l’uomo in quanto essere “non può non comunicare, non possiamo non scegliere” così recita un assioma (verità che non si può confutare) di Watzlawick Paul. Comunicare in fondo è ogni nostra azione che trasmette da un idea-guida fra un emittente e un destinatario. Ma essa deve essere efficace ed efficiente. Comunicare significa dischiudere uno spazio comune di relazione fra interlocutori.
La comunicazione e quindi la sua etica va pensata come un’intenzione di base comune e un’interazione sociale mediante messaggi in una determinata situazione socioculturale. Comunicare insomma non è possedere solo un linguaggio! Anzi è necessario partire da un’etica della comunicazione per rispondere meglio al nostro impegno di responsabilità.
“Tutti possono comunicare, ma non tutti sanno farsi capire”, recita un altro assioma della comunicazione. Per presentare il “comunicare bene”, Adriano Fabris nel suo libro Etica della Comunicazione, ci fa comprendere che nella “natura” delle cose c’è sempre qualcosa di buono perché l’uomo per sua “natura” vive una vocazione comunicativa in quanto potenzialmente interlocutore, ma è importante che si parta dal dialogo. In quest’ultimo c’è sempre una disponibilità di apertura in quanto come ci ricorda il filosofo Platone anche la nostra anima è in un continuo dialogo con se stessa. Portare al bene significa scontrarsi con la caratteristica di un’utilità sempre più collettiva e quindi sociale e vede come tre principi: la giustizia, la solidarietà e la co-responsabilità.
La scelta etica fondamentale davanti a cui uno è posto mentre comunica concerne la possibilità di essere fedeli o meno ai principi etici che sono propri dell’atto comunicativo. Solo comunicando io posso riconoscere delle implicazioni etiche. L’etica della comunicazione così non sarà solo un impegno deontologico dei giornalisti, una notizia che fa spettacolo e quindi di chi vive il mondo della televisione ma di tutti perché le nuove tecnologie hanno potenziato di molto la possibilità di usare in maniera positiva il progresso. Essi non sono qualcosa di neutro: il “virtuale” non si contrappone al “reale”. “Virtuale” è ciò che possiede una “virtù” che è quella capacità di fare qualcosa e di farsi come qualcosa, e di rendere possibile essa. Sappiamo però che come emerge l’esperienza quotidiana, certe volte abbiamo anche una virtualizzazione del reale con una perdita di consistenza dell’esistente. Se ci metto spazzatura nel virtuale trovo quello.
L’etica da praticare all’interno dei mezzi della comunicazione va sviluppata prima intorno a questo grande mondo in quanto come abbiamo detto è già nel contesto della comunicazione che c’è il concetto di etica. Permeare di “senso” la comunicazione insomma significa dischiudere il suo vero legame con l’uomo accogliendo tute le etiche in una dimensione relazionale che va attuata nel comunicare e nel porre dei legami buoni che ci portano alla realizzazione e alla felicità.