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“La vita reale non è altro che una finestra in più, e in genere nemmeno la migliore”. Tutto avviene mentre facciamo tutto e si è sempre connessi con qualcuno che non c’è e non si è connessi con chi c’è, perdendo noi stessi e gli altri.

 

 

 

Alone togheter, o meglio Insieme ma soli è il libro che è un punto di non ritorno del pensiero di Sherry Turkle, una sociologa e psicoterapeuta, nei confronti della tecnologia passando da quello che è l’entusiasmo riguardo ad una visione più cauta ricordando ad essi la paura di dimenticare che noi ci aspettiamo sempre di più dai mezzi perché loro obbediscono a noi. La vita intima e personale di ciascuno, non ce lo nascondiamo, sembra quasi dipendere da essa. Navigando sui social ci illudiamo di far parte di un gruppo di amici e quindi di essere insieme, ma poi nella comunicazione vera ci ritroviamo da soli. Le preoccupanti trasformazioni dei rapporti con amici, persone amate, genitori e bambini, e tutta la precarietà delle certezze relative alla privacy ci devono risvegliare il senso di comunità, intimità, solitudine per andare in profondità sulla nostra identità in rete. L’impatto psicologico, percettivo e sociale dei mezzi non ci devono far dimenticare le nuove solitudini che stanno nascendo nell’essere tutti connessi. Siamo negli anni ’90 con questo libro, si parla di tanto lavoro per scrivere questo, ma a livello storico c’è uno sconvolgimento con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e molte preoccupazioni sugli effetti più o meno gravi della comunicazione mediata dai mezzi (dipendenza, confusione tra online e offline) fino ad allora poco conosciute.

Il merito principale della Turkle è stato quello di porre la questione dell’identità in rete come un’esperienza quotidiana di molte persone, su cui bisognava interrogarsi in maniera chiara in quanto sembra emergere un modo poliedrico di intendere la mente e le relazioni. La tecnologia e tutti i social devono rispondere all’obbligo dell’oblio rispetto alle nostre informazioni? Devono avere una maggiore riservatezza dei dati personali? Tik tok oltre al problema delle challenge perché non garantisce la privacy? I media e i social tendono a ritrattare i giovani adulti di oggi come una generazione che non ha più a cuore la privacy. Anche oggi sembra giusto pensare che la rete ha fatto del bene alla politica. Ma non ci possiamo accontentare di “fare i bravi” ma ci vuole anche il dissenso.

Allora se no diamo forma alle tecnologie fino a darle la parola e la nostra intimità dobbiamo stare attenti a quello che la tecnologia è in potenza di fare a noi. Riprendiamoci quella metamorfosi social-digitale ricordandoci che non possiamo sempre sostituire la tecnologia con le relazioni sociali e autentiche.

 

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