Provocatorio il dibattito avviato da Jesus, il mensile di attualità religiosa nel numero uscito ieri e riassunto dal titolo di copertina che pone un sereno ma enigmatico interrogativo: “Verso una Chiesa senza preti?”
“Non si tratta solo del numero e del ruolo dei presbiteri - scrive il direttore Antonio Rizzolo in apertura di rivista -, in costante diminuzione nel mondo occidentale, ma della riforma ecclesiale a tutti i livelli, dalle parrocchie alle diocesi, dai movimenti agli istituti di vita consacrata, di cui tanti sentono l’urgenza”.
“Abbiamo interpellato - prosegue Rizzolo - esperti e studiosi e ne è scaturita una serie di spunti utili per la riflessione, anche in vista dell’impegno sinodale della Chiesa italiana. Tra i tanti elementi emersi ne sottolineo un paio. Il primo riguarda il clericalismo, più volte denunciato da Papa Francesco, alla base di tante storture. Non riguarda solo vescovi e preti, ma anche tanti laici. Perché è anzitutto una questione di mentalità. La mentalità clericale porta a considerare il parroco proprietario o gestore unico della comunità. Il prete tende a considerare se stesso una sorta di padrone o di plenipotenziario, ma questo fa comodo a tanti laici, che non hanno interesse a sentirsi coinvolti, ma possono comunque esigere tutta una serie di prestazioni, a partire dai sacramenti”.
“La mentalità - insiste il direttore di Jesus - non si cambia per decreto, anche se riforme strutturali sono utili. Serve un cammino insieme, il dialogo, la riscoperta della comune appartenenza alla Chiesa, anzi a Gesù Cristo, di cui siamo discepoli. Mi auguro che il Sinodo aiuti tutti, presbiteri e laici, a rinnovare la mentalità, attraverso il dialogo e l’ascolto dello Spirito”.
“Il secondo aspetto importante - chiosa don Antonio -, anche per superare la mentalità clericale, lo sottolinea don Dario Vitali: «Sarebbe bene insistere sul Popolo di Dio, piuttosto che sui laici... Perché? Nella relazione preti-laici, giocata inevitabilmente sul registro del potere, il rischio è che i laici finiscano sempre in posizione subordinata. Io preferisco insistere sul Popolo di Dio, nei confronti del quale il ministro è sempre e comunque colui che serve». Questo, conclude don Vitali, «permette di introdurre il tema del sacerdozio comune come fondamento di carismi, ministeri, vocazioni, una realtà moltiplicata nell’ordine dello Spirito che può fare una Chiesa veramente tutta ministeriale»”.
Mentre nelle parrocchie, dunque, tutto continua a ruotare attorno alla figura del prete, Papa Francesco punta sui ministeri istituiti riconoscendo il ruolo dei catechisti e aprendo alle donne il lettorato e l’accolitato. Si va allora verso una Chiesa in cui l’unico popolo sacerdotale eserciterà diversi ministeri, ordinati e istituiti? Sarà un argomento del prossimo Sinodo? Ne parlano su Jesu di luglio 2021 quattro pastori e studiosi: mons. Erio Castellucci, vescovo di Modena e vicepresidente della Cei; don Dario Vitali, docente della Gregoriana; Paola Lazzarini Orrù, presidente di “Donne per la Chiesa” e Marco Marzano, professore di sociologia all’Università di Bergamo.