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Le aziende usano i nostri dati personali come merce da vendere e comprare. E le informazioni che accumulano, danno un potere senza precedenti.

 

 

 

I capitalisti della sorveglianza sanno tutto di noi, mentre per noi è impossibile sapere quello che fanno. Accumulano un’infinità di nuove conoscenze da noi, ma non per noi. Google fra tutte accumula tante informazioni per personalizzare meglio i contenuti e tutto questo Shosanna Zuboff nel suo libro lo chiama surplus comportamentale, permette profitti duraturi ed esponenziali che permettono di sopravvivere ad un’azienda.

I capitalisti della sorveglianza vogliono farci credere che la loro rotta verso il futuro digitale sia irreversibile, ma non è così. Oggi possiamo sorridere dell’ingenuità di Aware home ma, come un messaggio in bottiglia proveniente da un’epoca remota, questo progetto ci dice qualcosa d’importante. Un tempo eravamo il soggetto della nostra vita, oggi siamo diventati un oggetto. Aware home è una testimonianza di quello che abbiamo perso e che dobbiamo ritrovare: il diritto di sapere e di decidere chi conosce la nostra vita e il nostro futuro. Questo diritto è stato e resta l’unico possibile fondamento della libertà umana e di una società democratica efficiente. Ad offerta risponde domanda: ed è la differenza tra quello che il capitalismo della sorveglianza e quello che vogliamo noi dalla nostra vita che si deve affermare.

Se il surplus comportamentale alimenta l’intelligenza della macchina che fabbrica previsioni sul comportamento degli utenti allora potremmo pensare di fondare un’economia della sorveglianza. L’epoca in cui viviamo chiede questo stesso tipo di salto verso l’ignoto, per cambiare la traiettoria del futuro digitale e riportarla verso le persone. Senza una risposta coraggiosa e creativa, il capitalismo della sorveglianza continuerà a riempire il vuoto. Se vogliamo fermarlo, domarlo o magari metterlo fuori legge, abbiamo bisogno di nuove norme, regole e forme d’azione collettiva tagliate su misura per meccanismi specifici. Per questi e per altri mille motivi, accettiamo la sfida di indicarci nuove strade. Non saremo da soli. La battaglia per il futuro dell’umanità appartiene a tutti.

 

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