In Italia esistono i “cristiani della linfa”, poi quelli “della corteccia” e infine coloro che “come muschio stanno attaccati solo esteriormente all’albero”.
L’analisi sociologica affrontata e raccontata da questa frase del card. Carlo Maria Martini ci racconta bene quelli che sono gli atei odierni: non credenti o increduli che vivono tra l’ateismo pratico e l’indifferenza religiosa. I “convinti attivi” ammontano al solo 10,5%; i “convinti, ma non sempre attivi” al 19,1%; i cattolici che si riconoscono tali per tradizione sono un ben 36,3% e infine i cattolici selettivi circa 9,3%; quelli che si riconoscono in un'altra fede al 6,3 % e infine i senza religione un buon 18,5 %. Ovviamente il dato dei cattolici che vivono la condizione di corteccia o muschio ci narrano un cattolicesimo più nell’intenzione che nel vissuto e nell’essere cattolici per tradizione c’è un’appartenenza senza né credenza né l’idea di un sentimento di preghiera.
Ma contrariamente a quanto si pensa la maggioranza dei giovani (67%) ritiene che “credere in Dio” e “avere una fede religiosa” siano atteggiamenti “plausibili” anche nella società contemporanea. La fede in fondo ci rende capaci di accettare non solo la vita, ma anche la morte e inoltre ci allevia i dubbi che ci attanagliano e ci aiuta a responsabilizzarci in una società ormai molto vicina alla libertà di espressione. I giovani oggi conservano dentro quella domanda di senso che forse dovremmo di più intercettare per permettere loro di sentire una religione che è capace di uno sguardo verticale ma ancora di più orizzontale alla ricerca del sociale e di un’armonia personale.