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La Chiesa non si accresce per proselitismo o per una serie di ostinati tentativi “porta a porta”, ma è dal suo interno che essa genera continuamente se stessa. Lo sguardo ai giovani è una sua prerogativa costante e immutabile nel tempo. Cambiano invece le forme e le intuizioni più aderenti ai tempi nuovi per il loro fruttuoso coinvolgimento. In questo compito nessuno ha la bacchetta magica… ma braccia con maniche da arrotolare e con mani protese all’azione. Il recente Sinodo dei vescovi italiani su Giovani e Chiesa ha aperto prospettive interessanti e cammini nuovi. Che restano da percorrere, magari passando da questo articolo ricco di spunti. Buona lettura!

Due considerazioni post-Sinodo. È cambiato, cambierà qualcosa nel rapporto tra giovani e Chiesa? Chi deve fare il primo passo? E se fosse già stato fatto?

Quello che si sta chiudendo è un anno speciale. Per i giovani e per la Chiesa. Per la prima volta in maniera ufficiale, anche altisonante, certamente per un lungo periodo, intenso nei modi e nei contenuti, entrambe le “parti” si sono prima osservate, poi sedute a un tavolo per comprendere le aspettative reciproche. In questi mesi ci siamo interrogati sui temi legati al Sinodo dei Vescovi dedicato a “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”.

L’inizio del dialogo non è stato semplice, nemmeno da raccontare. I giovani sono per definizione liberi e “puliti”, ancora non contaminati dalle fatiche del mondo. La Chiesa è percepita come l’esatto contrario.

Come parlare di rispetto, quando uno strepita, da una parte, “Non mi considerate!” e l’altro replica, dall’altra, “Perché non vieni più a messa?”. Alla fine gli angoli si sono smussati e, come accade in famiglia, dopo un’iniziale freddezza conseguente a un litigio, i cuori si sono un po’ aperti e le ferite si sono fatte meno profonde.

Il punto però resta: i giovani sono alla ricerca di un ruolo. Vogliono sentirsi protagonisti, non solo della loro vita privata, come è giusto che sia, ma anche della Chiesa in cui credono. Perché ci credono, ci credono ancora. Ma sono stanchi di non essere capiti. E sono stanchi di sentirsi dire dall’alto (e meno male che non si usano più i pulpiti!) cosa è giusto e cosa no, peraltro da chi non si è sempre comportato in maniera specchiata.

Le considerazioni che i vescovi hanno lasciato a tutte le comunità sono nel segno dell’apertura, dell’ascolto, della condivisione e dell’azione. In realtà sarebbero sufficienti, per tracciare la strada, gli scritti di papa Francesco, dai titoli illuminanti – “Giovani in cerca di senso”, “Voi siete artigiani del futuro” – per capire che la Chiesa non è in posizione di dominanza, bensì di apertura nei confronti dei ragazzi.

E allora cosa si fa? Cioè, da adesso, in parrocchia, nell’associazione di volontariato, tra gli anziani… bisogna cambiare atteggiamento? Modo di parlare, di interfacciarsi con suore e preti? E Gesù e il Vangelo, in tutto questo, dove sono andati a finire?

Nel mese di giugno, sempre papa Francesco, rivolgendosi ai giovani, ha detto: “La vita del giovane è andare avanti, essere inquieto, la sana inquietudine, la capacità di non accontentarsi di una vita senza bellezza, senza colore. Se i giovani non saranno affamati di vita autentica, mi domando, dove andrà l’umanità? Dove andrà l’umanità con giovani quieti e non inquieti?”. Perfetto, allora partiamo, partite da qua.

Non esiste un ragazzo che non si sia chiesto il senso di quanto sta facendo; dell’amore, del dolore, delle sconfitte, delle disuguaglianze. Questo genera la “sana inquietudine”, la continua richiesta di capire e trovare una verità più nascosta di quella proposta dal web.

Anche solo la ricerca è già parte del cammino. In questo si innesta la fede, con il suo corollario di dogmi, insegnamenti, esempi, passaggi scanditi nella comunità.

Pensare, agire

La fede cristiana non è solo introspezione, è essere accolti tra fratelli. Sicuramente avrete sperimentato la bellezza del gruppo parrocchiale, degli scout, dell’Azione Cattolica e così via. Magari avrete anche sperimentato la bruttezza di un don troppo rigido, o di un educatore bravo, ma con cui è impossibile confidarsi. Ebbene, andate oltre, trattenete il positivo. E osate. Ossia volate alto, prendetevi lo spazio che meritate, continuate a confermare la bellezza della fede nella vita di tutti i giorni.

Trovatevi alleati potenti, persone che hanno la vostra stessa sensibilità, in modo da condividere e far crescere un mondo a vostra misura, a misura di cristiano che non ha paura di professare la propria fede.

E poi confrontatevi, in maniera aperta. Il Sinodo ha tracciato la strada? Bene, voi iniziate a percorrerla, ma non in posizione di sudditanza. La Chiesa del nostro tempo non ha bisogno di yes-men e yes-women, ha bisogno di persone vive, che lasciano impronte ben definite nel terreno.

E mentre, con impegno, ogni giorno cercate di “ammorbidire” le rigidità della Chiesa di mattoni, mentre cercate di “svecchiare” la comunità dal di dentro, mentre aiutate sacerdoti e laici a costruire sempre nuovi ponti con le nuove generazioni, fate altre due cose, essenziali: spingete il vostro talento e date credito al futuro. Vediamo perché.

Un solo posto, solo per te

Qualcuno pensa che sia impossibile ritagliarsi un ruolo in questa Italia, in questo periodo, in quanto siamo in troppi, c’è la crisi, tutti se ne vanno all’estero. Insomma, un vero dramma per l’autostima. Invece no, tutto il contrario. Non è una questione di posto da conquistare, lavorativo o meno. È una questione di talento, inteso come lo intendeva Gesù: la scintilla speciale che ogni persona possiede, quella capacità di vivere il mondo e offrirsi ad esso in maniera unica.

Sapete qual è il vostro talento? Non ancora? Benissimo, la comunità cristiana può essere la culla all’interno della quale far crescere questa consapevolezza. Potreste diventare primi ministri, o insegnanti, o attori di teatro, o sacerdoti. Ciò che importa è quanto sia coerente con un progetto più grande, che vi attende dalla notte dei tempi. Visto in questa prospettiva, il talento è incollato alla fede. Perché solo la preghiera aiuta a comprendere. E solo le azioni aiutano a percepire se, davvero, un talento può essere davvero espresso.

Non vi piace quello che vedete? Cambiatelo

Proprio la spinta propulsiva che viene dall’avere 20 anni, unita al fatto che non sopportate gli atteggiamenti di facciata e i sepolcri imbiancati, vi pone in una posizione privilegiata: quella di poter dire quello che pensate e di agire di conseguenza.

Non vi piace la politica? Iniziate a praticarla e fate il vostro meglio per cambiarla. Non vi piace come è vissuta la fede all’interno della parrocchia? Fatevi avanti e proponete quello che avete in mente. Non vi piacciono le idee che circolano tra gli amici, troppo “escludenti” (ossia vanno bene solo loro)? Scegliete… di frequentare altri amici. Niente vi può ingabbiare, se non la noia. Per il resto, il pianeta è malleabile. Vangelo alla mano – ossia in testa – scoprirete facilmente cosa è giusto e cosa è sbagliato.

Nel futuro? Ci credo!

Solo gli anziani e gli adulti sconfitti e delusi dicono: “I giovani sono sfortunati, avranno un futuro disgraziato, poverini…”. Ebbene, state lontani come dalla peste da chi non ha altro che sfiducia e rancore da regalarvi. Il futuro è limpido, chiaro e dai contorni ben definiti. C’è, è presente per ciascuno di voi.

È un futuro di opportunità - certamente diverse da quelle che ha vissuto chi vi ha preceduto - di impegno nelle “cose del mondo”, dal volontariato, alla politica, all’associazionismo, perché voi siete parte di un network di intelligenze in cui l’egoismo è bandito. Un futuro che vi vuole protagonisti, non comparse per cui sono già stati assegnati i ruoli.

Cosa può fare la Chiesa per voi

* Ascoltare: e cercare di comprendere anche chi si è allontanato dalla fede.

* Abbracciare: senza chiedere niente, tutti coloro che chiedono un supporto o sono in ricerca.

* Essere sincera: prendere distacco dai comportamenti del passato e seguire la chiarezza di papa Francesco.

* Non giudicare: ogni persona ha una storia e un vissuto unici. Se torna alla Chiesa, dopo un periodo di allontanamento, davvero vuole solo essere considerata nella sua semplicità.

* Aprirsi: tantissime tematiche sono controverse e non in linea con il pensiero dei giovani. Su questo si può lavorare, se non per trovare punti di accordo totale, almeno fare meglio comprendere la sua posizione.

* Dare speranza: specie in un momento in cui chi non riesce ad adorare come vorrebbe le divinità pagane - denaro, successo, arrivismo - si sente perso e dimenticato.

(Estratto della  rubrica «#hashtag», di Elena Giordano, nella serie “Nessuno escluso” n. 9, pubblicato su “Dimensioni Nuove” di dicembre 2018 – LDC, ed anche https://www.dimensioni.org/2018/12/voglio-una-vita-colori.html )

 

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