Si è vissuta ieri sera la solenne concelebrazione eucaristica presieduta dal card. Marcello Semeraro e concelebrata dagli arcivescovi Michele Seccia e Angelo Raffaele Panzetta, dal vescovo Cristoforo Palmieri e da Padre Donato Ogliari osb, abate ordinario dell’Abbazia di San Paolo fuori le mura in Roma.
L’occasione: la professione monastica solenne di Suor Rita Teresa Calfapietra, monaca benedettina del monastero di San Giovanni Evangelista in Lecce, emessa davanti all’abbadessa Madre Benedetta Grasso. L?intera celebrazione è stata trasmessa in diretta da Portalecce TV (GUARDA).
A far da corona alla neo-consacrata, la comunità monastica leccese cui ella appartiene e molte monache e monaci legati al cenobio leccese dalla fraternità e dalla comune vocazione, i presbiteri legati da affetto fraterno alla Madre Benedetta e alle benedettine di Lecce, nonché la sua famiglia d’origine.
Intensa e densa di ricchezza spirituale e teologica la riflessione omiletica (LEGGI IL TESTO INTEGRALE) del card. Semeraro, prefetto del Dicastero delle cause dei santi che commentando il brano evangelico della presentazione di Gesù al tempio ha sottolineato all’assemblea riunita un’illuminata corrispondenza fra gli anziani Simeone e Anna che nel tempio attendevano di accogliere il Bambino Gesù presentato ad essi dai suoi giovani genitori. Il porporato ha dunque dichiarato, citando Papa Francesco, che: “anche nel Monastero è così. Si vive l’incontro tra giovani e anziani, tra osservanza e profezia”.
Da dove derivano e da cosa dipendono però l’anzianità e la giovinezza, l’osservanza e la profezia? Così ha risposto il celebrante: “Nel Monastero l’essere giovane e l’essere anziano è anzi tutto fissato dalla professione monastica. Qui la giovinezza e l’anzianità non sono dettate dall’età, ma dal giorno in cui si è abbracciato Cristo che dà senso, pienezza e compimento alla vita, come ci avverte la Regola benedettina”.
Le parole che Simeone allora pronuncia dopo aver preso tra le sue braccia il Signore non sono da intendersi come un mero congedo dalla vita terrena ma il naturale esito dell’attesa e del desiderio, prerogative del cristiano e che oggi però sono sempre meno vissute: “Ecco cosa fanno questi due anziani: aspettano. Aspettare e desiderare sono in reciproco rapporto: l’attesa fa crescere i desideri e i desideri hanno come base la capacità di attendere. […] Un vecchio «aspetta»: non la morte, ma la vita!”.
La vita: è il dono di grazia che da tanti secoli è accolto e rinnovato sempre di nuovo nella diuturna fedeltà all’Evangelo della misericordia che è la precipua vocazione della comunità benedettina di Lecce la cui rilevanza e vita si pongono al cuore della vita sociale della città di Lecce e della vita spirituale della Chiesa locale. Così ancora il porporato leccese che ha espresso parole di enorme stima verso le ‘sue’ sorelle benedettine alle quali è legato da antica amicizia:
“La nostra preghiera, dunque, è specialmente per lei [per sr Rita Teresa nda.], ma pure per la Comunità monastica di cui fa parte: è - come ben sappiamo - un monastero benedettino ch’è parte integrante - per la sua storia e per il suo presente - non soltanto della Chiesa di Lecce, ma pure della città che - oserei dire - non sarebbero spiritualmente le stesse senza questa feconda e antica presenza”.
Proprio in questa comunità che vive sulla via del Vangelo guidata dai Santi Benedetto e Scolastica da Norcia il saper desiderare e attendere d’ora in poi sarà prerogativa anche di Suor Rita Teresa che ha abbracciato per sempre il Cristo.
È alla neo-professa solenne che si è rivolto infine il cardinale rivolgendole l’augurio di essere luce di Cristo per anzitutto per le sorelle della sua comunità che l’ha accolta definitivamente e per coloro che incontrerà sul suo cammino: “A te, poi, sorella carissima, che oggi fai la tua consacrazione monastica ed hai acceso poco fa la tua lampada dal cero pasquale, dico queste parole di San Paolo VI: ‘Fai di questa luce il simbolo della tua stessa persona. Sia per la sua dirittura e la sua soavità, l’immagine della tua purità; per la sua funzione d’ardere e d’illuminare sia come la definizione della tua vita, destinata ad un amore unico, ardente e totale; per la sua sorte, infine, questa luce sia segno del tuo consumare la vita nell’ormai irrevocabile dramma del tuo cuore consacrato’ (cf. Paolo VI, Omelia del 2 febbraio 1973). Amen.”.
Un dramma che d’ora in poi si consumerà per rinnovare sempre di nuovo la vita del monastero benedettino leccese che grazie al sì di Suo Rita Teresa osb diverrà quella fornace sempre ardente che è il cuore stesso di Dio.
Racconto per immagini di Arturo Caprioli