“C’è più gioia nel dare che nel ricevere”, o no?!?!? Sulla scia dell’intramontabile citazione di Atti 20,35, un numero immenso di santi e anche di tante persone buone nascoste nelle pieghe del quotidiano, ha popolato in lungo e in largo ogni zona del nostro pianeta lungo la storia.
Solo il male, però, fa notizia e occupa le prime colonne dei giornali come i primi titoli dei tg. E anche da qualche angolo remoto dell’animo umano si insinuano voci di resistenza al bene: “Ma chi te lo fa fare…?”, “Lascia stare, ci penserà qualcun altro…”, “È inutile, anche se lo fai non cambierà mai niente…”. Eppure le strade verso la pienezza di vita, verso la realizzazione del sé, verso la gioia autentica, passano ancora per il dono della propria vita. Buona lettura!
Ragiono per uno o per tanti? E cosa ci guadagno? La vita è davvero più bella se ci si dona agli altri? O è una bufala che raccontano in chiesa?
Scrive Marcella: “Non potete capire lo stress. Ho lo studio, gli esami, il tennis, il ragazzo. Ora una mia vecchia amica, che frequenta ancora la parrocchia, mi chiama al cell, mi chiede un appuntamento e, quando siamo faccia a faccia mi dice: hai voglia di aiutarmi? Questa tipa ha messo su il doposcuola per i bambini stranieri in parrocchia e cerca qualcuno che possa dare ripetizioni di italiano. Voglio dire: mica sto studiando all’università per poi lavorare con bambini che non riescono nemmeno a parlare la nostra lingua. E poi io sono già straincasinata. Ho le mie cose da fare, Diego, la famiglia. Dai, non puoi chiedermi una cosa del genere, ma dove vivi, fuori dal mondo? E poi… non bastava che mi scrivesse su WhatsApp? No, ha voluto vedermi e per colpa sua ho dovuto rinunciare a un allenamento”…
Cosa fanno i ragazzi come Marcella, da quando si svegliano la mattina a quando vanno a dormire? Consultano il cellulare, poi lo riconsultano, poi si danno un’occhiata intorno, si organizzano con gli amici e tornano nuovamente a guardare lo smartphone.
Uscire da questo loop, ovvero da questo circolo vizioso, è molto difficile. Sembra quasi non esista un mondo fuori dal digitale (eppure esiste: se vi sbucciate un ginocchio la pelle brucia ancora…).
La tendenza, ovvero quello che pensa la maggior parte delle persone, proprio come ci ha spiegato Marcella, è una: occuparsi principalmente di se stessi e dei propri bisogni. Le persone pensano: «Caspita, il mondo è davvero complicato, ci sono tanti pericoli, nessuno capisce più nulla, io me ne sto ben bene tranquillo e mi faccio gli affari miei. Perché devo spendermi per gli altri?». Una, due, tre, 1.000 persone ragionano in questo modo, il risultato è una società che ha smesso di essere generosa e si è chiusa nel suo piccolo castello. Se provi a entrare, vieni raggiunto dalle frecce.
Che noia sentirsi l’ombelico del mondo
Esiste un altro modo per osservare la realtà? Un modo un po’ più sereno e sorridente? Sì, ma occorre prendere le valigie e iniziare un viaggio, che vi porterà dalla vostra confortevole casa verso un luogo dai contorni meno definiti, molto molto più grande, nel quale vivono anche tutti gli altri. Questo luogo è la “vita scomoda”.
Quella vita che prende tutte le nostre esigenze e le mette da parte, e ci pone di fronte al naso gli altri. Chi sono gli “altri”? Quelli che ci vivono attorno, che magari non ci chiedono niente, magari invece hanno bisogno, di una parola, un gesto, un aiuto concreto. Sono quelli che arrivano da lontano, ma anche i compagni di liceo con cui nessuno vuole chiacchierare; le persone che hanno un brutto carattere, oppure gli ammalati.
Questa “vita scomoda” ci chiama e tutte le mattine ci chiede: «Allora cosa vogliamo fare»? Se uno è abituato a guardarsi solo la punta dei piedi dirà: «Non facciamo un bel niente». Basta, però, una sola volta, lasciar perdere i piedi e vi accorgerete che dare agli altri significa stare bene, anzi, meglio che con se stessi. Ragionare per uno è facile. Ragionare per tanti è più complicato, ma molto più divertente e interessante. Se ragioni solo per te vedi il cielo azzurro. Se ragioni anche per gli altri il cielo si riempie di sole, nuvole, profumi, colori molto più intensi.
Verso il volontariato
Proprio come nei giochi da tavolo, sta a voi fare la mossa decisiva (se volete vincere e non vivacchiare). Avete diverse possibilità, tutte fanno parte di quel grande insieme che si chiama volontariato, che si traduce in: dare una mano alle altre persone senza che di mezzo ci sia un compenso economico, ma solo per il piacere di fare del bene. Il volontariato ha diverse facce, tra queste c’è sicuramente quella adatta a voi. La parrocchia è un luogo speciale, nel quale potete fare esperienze diversissime, tutte interessanti e arricchenti. A ogni vostra attitudine corrisponde un “To Do”, qualcosa da fare: musica, sport, animazione, canto, lavoretti, addirittura contabilità, gestione, organizzazione degli eventi.
Pensate all’estate-ragazzi, un momento incredibile nel quale gli adolescenti, finalmente, lontano da scuola, possono dimostrare di essere già dei giovani adulti, possono prendersi cura dei piccoli, e allo stesso tempo vivere delle settimane insieme tra pari, in un percorso che aiuta anche a capire cosa Gesù ha in serbo per ogni persona.
Nel momento in cui uscite dal vostro tranquillo tran tran e tendete la mano agli altri, la vita inizia a scorrere ai 200 all’ora… verso la felicità.
Il primo step
Iniziare a ragionare non per uno, ma per molti, capire l’importanza del volontariato sono il primo step del dono di sé. Una coppia che si ama; i genitori che proteggono i figli; i figli che si prendono cura degli anziani. Quando mai l’orizzonte è stato limitato alla singolarità? Mai, appunto. Altrimenti l’umanità si sarebbe estinta diversi secoli fa.
Lo sforzo di andare verso l’altro deve essere compiuto con slancio e con l’idea – che il cristiano ha ben salda in testa – che la dimensione dell’oggi non sia l’unica. Che tutti insieme siamo destinati a qualcosa di più grande.
Il fondamento del Vangelo è: amore per Dio, amore per i fratelli. Togli Dio, togli i fratelli, resta un uomo che non sa dove andare, perché non ha obiettivi, che si auto-conclude in se stesso come un fumetto che non è diviso in puntate. Tutto qua, viene da chiedersi? Non siamo forse migliori di così?
Tutti i santi che hanno accompagnato la storia della cristianità hanno qualcosa da insegnarci, a questo proposito: hanno cercato diverse prospettive, hanno reso testimonianza al Vangelo. Eremiti e religiosi che hanno scelto la clausura a parte, si è trattato sempre di persone che hanno scelto di stare in mezzo al mondo, non di guardarlo da lontano perché «non si sa mai, meglio se non mi faccio troppo coinvolgere».
Il percorso universitario, la scelta dell’amore coniugale, la scelta di donarsi agli altri, le responsabilità sul lavoro: ogni gesto, parola, pensiero, accenno, movimento delle mani che noi compiamo è fatto per gli altri, con gli altri, contro gli altri. Insomma, anche volendo, non riusciremmo a vivere completamente soli nemmeno in mezzo al deserto.
Cacciatori di esperienze
Non devi cambiare abbigliamento, né hobby, né cibo preferito per la colazione. Devi solo iniziare a ragionare in modo diverso. Per esempio facendo cose che non hai mai fatto. Ecco qualche suggerimento.
- Leggi – con criterio, non in modo superficiale - i giornali della tua città o del tuo quartiere, è un ottimo modo per capire cosa ti succede attorno. Leggi oggi, leggi domani, scoprirai come si muove il mondo del volontariato e anche quali sono gli ambiti più carenti, quelli che gridano “help”.
- Controlla la bacheca della parrocchia: di sicuro sono affissi bigliettini in cui questa o quella associazione, o gli animatori dell’oratorio, cercano nuovi volontari. Cercano proprio te.
- Puoi lasciare il segno anche a scuola, o all’università, attraverso per esempio l’impegno nel giornalino di istituto, nei gruppi di studio (in cui sostieni chi è un po’ più indietro di te), nel sostegno ai quei compagni che restano emarginati perché non sono i più famosi/bulli/esagerati.
(Puoi leggere l’articolo completo su: rubrica «#hashtag», di Elena Giordano, serie “Nessuno escluso” n. 5, pubblicato su “Dimensioni Nuove” di giugno 2018 – LDC, https://www.dimensioni.org/2018/06/fare-bene-mi-fa-bene.html )