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“La guerra tutto distrugge. Per questo alziamo la nostra preghiera al Signore perché venga il Natale della pace. Essere in tanti a portare la nostra invocazione, ci fa sentire il grido di tanti nomi sconosciuti agli uomini, ma tutti ricordi da Dio“.

 

 

Sono le parole con le quali il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, ha dato inizio alla veglia di preghiera per la pace nel mondo, organizzata ieri sera a Roma in piazza di Santa Maria in Trastevere dalla Comunità di Sant’Egidio, mossa dal grave allargamento dei conflitti e dall’allarmante minaccia di un confronto nucleare. 

“Oggi sentiamo nostra l’attesa del mondo che cerca pace e futuro - e non c’è futuro senza pace - che ha bisogno del domani”, ha aggiunto il cardinale nell’omelia dell’incontro, “la guerra è la fine di tutto e per tutti, anche se pensiamo sempre che riguardi altri come la morte. La guerra non finisce se non trova pace. Non è facoltative, è vita, è la donna possibilità per vivere. E non ci si salva da soli dalla pandemia della guerra”. Una consapevolezza definita “intermittente” dal card. Zuppi, che ha portato l’esempio di quanto accaduto per la pandemia di Covid, sottolineando l’importanza della semantica e dell’utilizzo di parole che non siano pericolose, perché contengono odio e trasmettono odio. 

“Dovremmo esercitarci a pensare la nostra vita sempre insieme agli altri e non senza o contro”, ha proseguito parlando della follia del credere di poter giocare con la guerra, presunzione mortifica dell’uomo che si vuole fare dio, vivendo la guerra con la guerra, “la guerra travolge anche chi la usa e ancora il vincitore è sconfitto”. 

“Ci si salva solo assieme. La pace è stare di tutti e tutti dobbiamo costruire l’arca che ci protegge”. “Non riusciamo ad immaginare la potenza distruttiva degli ordigni nucleari, cosa significa che in pochi attimi viene sommersa la vita di milioni di persone”, le parole del cardinale, “la preghiera è che taccia il rumore della guerra, che finisca la tempesta della guerra. La preghiera è l’unica scelta perché diventa memoria, solidarietà, accoglienza, intelligenza, ferma convinzione ad accettare sempre la pace”. 

“Nella tempesta sentiamo oggi il grido, il lamento, l’urlo di chi è minacciato. La loro preghiera sale a Dio, da tanti angoli dimenticati del mondo ma non da lui”, ha aggiunto sottolineando come la guerra trasforma l’uomo in un animale umano, “abbiamo fatto tutto quello che potevamo per fermare la tempesta della guerra?”. 

“La nostra preghiera è che sia il Giubileo un’opportunità per la pace”, rivolgendosi a tutti e alla comunità internazionale in particolare per utilizzare tutti gli strumenti, forse troppo indeboliti, “vieni Signore e insegna agli uomini la loro vera bellezza”.

 

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