Domenica scorsa l’inaugurazione del ministero episcopale dell’arcivescovo mons. Ciro Miniero, che dal mare, come si dice fu per il santo patrono di Taranto, San Cataldo, ha prima raggiunto il Castello Aragonese, poi a piedi, la cattedrale dedicata al santo, accompagnato dalle famiglie della diocesi, infine, la concattedrale di Giò Ponti, per la celebrazione eucaristica alla presenza di tutto il clero diocesano e delle autorità civili e militari.
L’abbraccio di un’intera comunità per lui, che ha teso le mani e benedetto i fedeli lungo tutto il tragitto e fin dentro la navata centrale della chiesa. “Siamo discepoli autentici di Gesù - ha poi detto durante l’omelia - quando non restiamo chiusi negli spazi rassicuranti delle nostre chiese; quando ci sforziamo di camminare con i fratelli e le sorelle che incontriamo con l’umile stile evangelico; quando riconosciamo nei volti della gente, i fratelli e le sorelle da amare, da accogliere, da servire, perché Dio è Padre di tutti e noi siamo tutti fratelli. Miei cari, seguiamo autenticamente Gesù quando ci liberiamo da un’esistenza ripiegata su noi stessi diventando capaci di vivere con autenticità ogni relazione umana. Questa è la Chiesa che dobbiamo impegnarci a costruire sempre, rendendo più bella la nostra diocesi e le nostre città e paesi”.
Poco prima, nell’incontro con i giornalisti, interrogato sulla situazione di Taranto, aveva affermato: “Basta camminare per le strade, il colore rosso dei guardrail ci fa capire subito che è una realtà malata, una terra malata, e qui bisogna fare tutti gli sforzi perché chi può, deve mettere nelle condizioni la gente di poter vivere serenamente e tranquillamente con il lavoro e la salute”.