“Un gesto audace”, quello di celebrare la messa in fabbrica. Lo ha definito così mons. Ciro Miniero, arcivescovo della diocesi di Taranto, nell’omelia del precetto pasquale celebrato in un capannone dell’ex Ilva oggi Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria.
Il ricordo è andato alla messa di Natale che nel 1968 Papa Paolo VI volle celebrare proprio nel grande stabilimento siderurgico, attirandosi non poche critiche. Oggi come allora lo stabilimento resta un terreno minato. “Credo che la Chiesa oggi debba venire qui, sotto un capannone. Celebrare qui ci fa bene - ha proseguito mons. Miniero - perché lui ha voluto dirci che ogni legge deve essere per il benessere dell’uomo. Oggi non è retorico affermare che prima di tutto viene la persona, fatta di benessere, futuro, relazioni sane. Ma con che coscienza mai potremmo dire che qui stiamo bene? Il crogiuolo dei problemi di questo posto arde più degli altoforni”.
Ad ascoltarlo una rappresentanza di operai, invitati insieme alle loro famiglie, autorità, politici ed espressioni delle associazioni di categoria e imprenditoriali, insieme a due dei tre commissari straordinari nominati di recente dal governo Meloni. “Cosa avrebbe fatto il Signore? Avrebbe messo al centro l’operaio e l’ammalato, nel bel mezzo della sinagoga, durante il giorno del riposo. Avrebbe smascherato ogni ipocrisia e convenzione come solo un cuore libero dai lacci del potere e dei soldi può fare. La Chiesa ha il compito di annunciare questo. La vicenda di Cristo e di Ponzio Pilato, che in questi giorni risuonerà nelle liturgie particolarmente familiare, ci insegna che chi ha responsabilità ha di conseguenza colpe più grandi. Il criterio è ripartire sempre dall’umanità sotto lo sguardo di Gesù Cristo con il coraggio di non anteporre né leggi né interessi alla dignità e alla salvaguardia dell’uomo”.