“Morire di lavoro non è mai accettabile e non lo può essere se la sua attività è svilita e ricondotta ad una condizione di schiavitù deprivata dalle condizioni minime di civiltà e dignità della persona”.
Lo affermano oggi le Acli Terra a proposito di Camara Fantamadi, bracciante del Mali morto di ritorno dai campi del Salento dove lavorava come stagionale. “Non possiamo assuefarci a queste notizie troppo frequenti che richiedono alla politica ed alle istituzioni risposte forti, immediate e risolutive di situazioni di cui abbiamo tutte le coordinate necessarie per poter intervenire”, sottolineano.
La storia di Camara Fantamadi “che meritava una occasione di riscatto umano, si è tragicamente conclusa a causa di chi impunemente persegue il profitto generato dal lavoro che sfrutta ed umilia, che impedisce di alzare la testa per chiedere aiuto, che mortifica la storia dei diritti di un Paese che si definisce civile”. “Questa è la schiavitù dei nostri tempi - sottolineano -, che deve essere contrastata con nuove regole del mercato del lavoro nella consapevolezza che chi non agisce, pur avendone il potere, è complice di quanto accade”.
Il vice presidente di Acli Terra Gianluca Mastrovito invita ad “aprire una nuova stagione di richiesta ed affermazione di diritti e giustizia sociale per chi non ha possibilità di chiedere, per chi è schiacciato dal ricatto della necessità”. “I campi vanno presidiati - afferma - i lavoratori affiancati e sostenuti nel denunciare gli aguzzini spesso connazionali, le stesse aziende spregiudicate rendendo pubblici i marchi ed i nomi dei prodotti coltivati dai braccianti ‘schiavi’ perché anche i consumatori possano fare la loro parte. Restituiamo a questo Paese la dignità di una Repubblica fondata sul lavoro… anche nei campi!”.