“Mentre si fa festa per la vittoria dell’Italia al campionato europeo di calcio, mentre si cerca - non senza fatica - di ritrovare la gioia di poter esultare insieme, dopo i limiti dovuti alla pandemia, da cui sembra esserci allontanati almeno per un po’, con l’illusione di pensare che, nonostante tutto, la drammatica esperienza della pandemia, abbia avuto anche il buon effetto di renderci migliori, una mano violenta si alza contro qualcuno e uccide. E ferisce gravemente un bambino di sei anni, vittima ignara di tanta barbarie”.
Lo denuncia mons. Giovanni Checchinato, vescovo di San Severo, in merito all’agguato mortale, domenica 11 luglio, in cui un uomo è morto ed è stato coinvolto un bimbo innocente. “Ancora una volta finiamo sulle pagine dei giornali; ancora una volta San Severo diventa ‘famosa’ per il clima avvelenato in cui si vive, per la violenza da cui non si è mai affrancata del tutto, per il livello disumano con cui questi avvenimenti si vivono e si subiscono. In viale Matteotti erano in tanti, ci potevamo essere tutti, ci poteva essere nostro figlio, nostro nipote, un nostro piccolo amico. E invece c’era Antonio, ora gravissimo agli Ospedali Riuniti di Foggia, in sala di rianimazione dopo aver subito un delicatissimo intervento alla colonna vertebrale”, aggiunge il presule.
Di qui la domanda: “Ma che città è questa? La vogliamo noi così? Non servono i tanti buoni consigli che ci sentiamo d’impartire ai responsabili della cosa pubblica, alle forze dell’ordine, alla magistratura, se non ci mettiamo noi in prima linea ad opporci al male con il bene, all’illegalità e alla prepotenza con una adesione convinta e responsabile alle leggi dello Stato e della nostra città, a fare la nostra parte per dire di ‘no’ all’ennesima vicenda di sangue della nostra San Severo. Ci sono luoghi dove si cerca da sempre d’insegnare a fare il bene, a compiere scelte giuste, di educare ai valori fondamentali della vita: penso alle parrocchie; agli oratori; all’Epicentro giovanile; alle varie associazioni di ispirazione cristiana e laica. Ma dobbiamo convincerci che l’educazione dei bambini e dei giovani, che spesso noi indichiamo come il ‘nostro futuro’, è appunto compito nostro, di tutti”.
“C’è troppa cultura mafiosa in giro! Si respira un’aria avvelenata che soffoca, che non permette di crescere e vivere sereni”. aggiunge “con amarezza” mons. Checchinato. “Troppa omertà, troppa ammirazione per personaggi a dir poco discutibili se non proprio criminali, troppa tolleranza verso atti d’inciviltà e di vandalismo che rendono impossibile la vita. C’è invece solo tanto disfattismo, rassegnazione e voglia di scappare. Se non avremo la forza di reagire la nostra città sarà condannata ad una lenta e triste agonia”, la denuncia del presule.
“Cosa racconteremo ad Antonio (il bambino ferito, ndr), quando sarà cresciuto? Che mentre qualche mano infame violentava la sua infanzia e la sua crescita, noi stavamo a guardare dal balcone per vedere cosa succedeva, senza prendere le parti dei più piccoli e indifesi? Che eravamo troppo occupati a farci gli affari nostri per poterci preoccupare anche di quello che succede agli altri? Che - tanto si sa - San Severo è così e nessuno può cambiarla?”, domanda il vescovo. “No: vogliamo raccontarli altro! Come vescovo - aggiunge - chiedo ai cristiani di questa città e a tutte le donne e gli uomini di buona volontà di pregare Dio per la completa guarigione di Antonio” e di “supplicare il ‘Principe della pace’, Gesù Cristo, che faccia cadere le armi da ogni mano violenta, faccia cadere le parole cattive che sono sulle nostre labbra e che feriscono più delle stesse armi, che doni a questa città lo spirito della giustizia e dell’amore, uniche realtà capaci di costruire il futuro”.