Essere testimoni e profeti “richiede semplicità del cuore, vita lontana da ripiegamenti autoreferenziali, insieme alla fiducia in Dio e negli uomini”: mons. Giuseppe Satriano, arcivescovo di Bari-Bitonto, è presidente della Commissione episcopale per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le Chiese e presidente della Fondazione Missio.
In vista della Giornata missionaria mondiale 2021 rilegge il messaggio che Bergoglio ha scritto per l’occasione e lo slogan scelto dalla Chiesa italiana anche alla luce della missio ad gentes oggi.
“Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato”: è preso dagli Atti degli apostoli il titolo del Messaggio di Papa Francesco per la Giornata missionaria mondiale 2021. Come lo interpreta il presidente della Fondazione Missio?
“Essere attrattivi”, come spesso ci rimanda Papa Francesco, è questione di autenticità, di verità nell’agire. Solo chi è stato contagiato dall’amore può trasmettere amore. Dovremmo interrogarci su quanti dei nostri cammini di fede sono davvero esperienze dell’amore con cui Dio ci ama. Con questo messaggio il Papa ci invita a sperimentare quell’amore viscerale, ricco di compassione e umanità, che ritroviamo nell’esperienza del Cristo. Solo chi è stato toccato da quest’incontro ha il cuore che trabocca di gioia e può evangelizzare, ovvero portare al mondo un annuncio di speranza, di gioia che narri la vicinanza del Signore alla vita di ciascuno; la possibilità di sperimentare una vita nuova, segnata dalla gratuità e dalla fraternità. Generare alla fede è azione dello Spirito che soffia come e dove vuole e non azione prevedibile di strategie pastorali spesso ipertrofiche e sterili.
Anche oggi, nel mondo, si moltiplicano situazioni di conflitto, povertà, negazione dei diritti essenziali, migrazioni forzate… In quasi tutti i Paesi del mondo sono presenti i missionari, spinti da un generoso impegno per l’evangelizzazione e la promozione umana. Quale il messaggio che trasmettono in questo nostro tempo?
Potrei sembrare banale ma il segno della loro testimonianza è la trasparenza e la freschezza con cui vivono il Vangelo, sapendosi fare tutto a tutti, ad ogni latitudine del globo terrestre e in ogni ambito esistenziale segnato dalla fragilità e dalla sofferenza. Quanto andiamo vivendo, anche a causa della pandemia, ha messo a nudo le fatiche che abitano i nostri vissuti. I missionari, ovvero coloro che sentono incontenibile la gioia di un annuncio che si fa solidarietà e vicinanza, diventano gli avamposti di una sacramentalità della Chiesa che nell’umano ferito e dolente sa attestare l’esercizio dell’ospitalità e della cura, la vicinanza del Cristo sulle strade dell’uomo.
Nella Chiesa italiana si rilancia lo slogan, impegnativo, “Testimoni e profeti”. Chi possono essere, oggi, i testimoni e i profeti?
Da tempo una forma di pensiero sempre più pervasiva si è annidata nel modo di concepire la vita e le relazioni, mi riferisco al disumano ragionevole. Un pensiero unico centrato sull’individualismo e sulla ricerca del benessere a tutti i costi. Anche nella Chiesa, a mio modesto avviso, questa visione del vivere ha inferto delle ferite. La risposta a tutto ciò non sta nell’elaborare concettualmente risposte convincenti ma esibire una vita che abbia il sapore e il gusto del bello, del vero, del buono. Essere testimoni e profeti richiede semplicità del cuore (sine-plexa), vita lontana da ripiegamenti autoreferenziali, insieme alla fiducia in Dio e negli uomini. I testimoni e i profeti sono da identificare in quanti, e sono tanti, desiderano porre le radici della propria vita in una vera docilità allo Spirito, l’unico capace di aprire la vita al mistero di Dio e al mistero dell’uomo. Lì dove la vita si apre all’umano redento dall’amore grande del Cristo Gesù, fiorisce la vita e quella speranza capace di contagiare l’esistenza di molti.
Come favorire, nelle comunità cristiane locali (parrocchie, diocesi) l’attenzione alla missio ad gentes?
Quando parlavo del disumano ragionevole pensavo a tanti alibi elaborati per non prenderci cura del mondo, ponendo vera attenzione a quanto accade fuori dalla porta delle nostre case, parrocchie e chiese locali. ‘Evangelii gaudium’ e ‘Fratelli tutti’ sono due documenti che possono aiutarci a rivedere i nostri stili di vita in ordine ad una conversione pastorale missionaria capace di maggiore inclusione. Non ho ricette a riguardo ma credo nella creatività e audacia del laicato a cui va restituita fiducia. Aprire spazi in cui i laici, forti della propria dignità battesimale, possano prendere l’iniziativa di dare voce all’azione dello Spirito, cresimando il mondo, come augurava don Tonino Bello.