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Sono quelli tra i 16 e i 18 anni gli studenti italiani che presentano il maggior rischio di burnout scolastico.

 

 

 

È quanto emerge dalla ricerca sul benessere degli studenti in età adolescenziale “Adolescents’ School Burnout: a comparative study between Italy and Switzerland” condotta dall’Università Lumsa e dalla Haute Ecole Pédagogique di Losanna pubblicata sulla rivista internazionale European Journal of Investigation in Health, Psychology and Education.

Dall’indagine, che ha coinvolto 840 studenti italiani e svizzeri di scuola secondarie di età compresa tra i 13 e i 18 anni, emerge anche che gli studenti italiani soffrono più dei coetanei svizzeri di esaurimento emotivo, frustrazione, demotivazione e cinismo verso il mondo della scuola e verso il futuro.

“Una analisi più attenta dei due sistemi educativi - viene spiegato - mette subito in luce una differenza importante. Nel sistema svizzero è prevista stabilmente una equipe di supporto rivolta interamente agli studenti. Si tratta di un gruppo di esperti (psicologi, psicomotricisti, pedagogisti) sempre disponibile, su richiesta dei ragazzi, ad ascoltarli e sostenerli nei momenti di difficoltà. I centri di ascolto, che solo occasionalmente e per puro merito di illuminati dirigenti scolastici, sono a volte presenti anche in istituti scolastici italiani, sono invece una risorsa continuativa e non soggetta a disponibilità di budget nel sistema svizzero”.

“Sebbene le differenze tra i due Paesi non debbano essere interpretate solo attraverso questa chiave, essendo il tema ben più complesso, la possibilità di contare su una risorsa umana esperta, che non sia il proprio docente, risulta già in altri studi un tipo di supporto che può fare la differenza per un adolescente”, chiariscono dalla Lumsa.

Caterina Fiorilli, ordinaria di psicologia dello sviluppo e dell’educazione presso l’Università Lumsa e direttrice dell’Osservatorio nazionale salute e benessere dell’insegnante, ha commentato: “Temo che il grande interesse per il rientro a scuola in sicurezza possa distogliere l’attenzione da problemi endemici che la scuola secondaria si trascina da tempo e che le indagini Invalsi, nonché i confronti internazionali promossi dalle indagini Ocse-Pisa, hanno abbondantemente messo in luce”.

“Stiamo assistendo ad un lento allontanamento di alcune fasce della popolazione scolastica dall’idea di una scuola come occasione di crescita personale e di investimento verso il futuro”, ha proseguito Fiorilli, ammonendo: “Se prima potevamo parlare di disinnamoramento dei giovani per la scuola, ora si può utilizzare il termine cinismo. Il passo alla dispersione è breve”.

 

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