Il legame tra tifo e malavita, come sembra emergere dall’inchiesta della Procura di Torino che ha portato all’arresto di 12 capi ultrà della Juve accusati di ricattare la società per avere biglietti agevolati e gestire così il bagarinaggio, “è sicuramente un campanello di allarme che dovrebbe invitarci a guardare con sguardo profetico lo sport e i modi di viverlo”.
“La malavita si infila come zizzania lì dove c’è possibilità di potere e di corruzione”. A dichiararlo è don Gionatan De Marco, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport della Conferenza episcopale italiana. “Oggi lo sport di livello, soprattutto nel calcio, è impresa in cui il profitto viene prima del gioco. E questo - sottolinea il direttore dell’Ufficio Cei - è un danno culturale prima che fenomeno deviato. Chi guarda il calcio non lo fa con lo sguardo libero di chi si diverte, ma con lo sguardo arcigno dello scommettitore”.
“Una realtà sotto gli occhi di tutti” che deve essere denunciata “per eliminare - afferma il direttore - la logica delle scommesse e del denaro dal mondo sportivo”. “Lo sport - ribadisce - è per far esprimere i talenti delle persone, non per far suonare i denari degli approfittatori”.
“Il tifo - dichiara il sacerdote - deve essere sinonimo di passione e di appartenenza, ma quando diventa arroganza e prepotenza allora bisognerebbe attivare una rete di attori di buona volontà e di buoni principi che mettano il silenziatore a queste manifestazioni diseducative di tifo così da restituire gli stadi alla gente che vive lo sport in modo sano. Magari riempiendo per scelta le curve di ragazzi, ragazze e famiglie, associazioni e società sportive che si distinguono sul territorio per buone pratiche di sport educativo”.
“Se gli episodi denunciati a Torino resteranno fatto di cronaca cui dare spazio per due o tre giorni sulle pagine dei giornali non cambierà mai nulla. E il mondo dello sport - è la conclusione - continuerà a vivere prigioniero di chi non ha mai avuto come scopo far crescere semi buoni di vita felice. Se, invece, si inizierà a rompere gli schemi ormai assuefatti del ‘si è fatto sempre così’ con scelte profetiche di sport per tutti, potremmo sperare che presto possa sorgere in ogni stadio, in ogni curva, un nuovo giorno di sport vero”.