Gli scout, reparto “Orsa Maggiore” del Campi 1, a conclusione dell’anno associativo, grazie all’esperienza del campo di San Severino Lucano, si sono resi protagonisti di un’esperienza come quella del campo estivo che molte volte si dà per scontata.
“Talvolta mi chiedo se, con tutti i nostri manuali, regole, dibattiti, conferenze, corsi di formazione non diamo l'impressione di considerare lo scoutismo un gioco troppo serio” affermava Baden Powell. I campi estivi svolgono ogni anno un piccolo miracolo. Ragazzi, per lo più giovani sotto i 30 anni, studenti o lavoratori che siano, si prendono il fastidio di organizzare e di seguire circa una settimana giovani e giovanissimi dagli 8 ai 21 anni.
Parliamo di 180mila persone riguardante il mondo Agesci (Associazione guide e scouts cattolici italiani). Tante altre organizzazioni non-scout realizzano campi estivi, ma bisogna constatare con grande ammirazione che i capi scout lo svolgono con tanta passione unita al coraggio. Sì, coraggio: in questi tempi decidere di fare una determinata scelta, come vuole il metodo educativo scout, di proporre ai ragazzi del reparto l’esperienza di dormire in tenda in un bosco, cucinare sul fuoco rischiando di bruciare tutto, del raid e dell’hike come missioni da svolgere individualmente o di squadriglia nel campo; diversamente per il clan (il gruppo dei più grandi tra i 16-21 anni), l’esperienza di una route di servizio è totalmente controcorrente rispetto a quello che i giovani scelgono ordinariamente. Oggi, non si può fare a meno dello smartphone e di Google Maps. I capi propongono, invece, una cartina da studiare, una bussola da seguire, una porta cui bussare e chiedere ospitalità o l’avventura del costruirsi un rifugio nel bosco. “Esperienze uniche - confidano i piccoli esploratori -, che non rivivremo mai più e che lasciano un segno nella memoria di noi ragazzi e anche nella nostra educazione”.