“Poi si fece portare il libro dei Vangeli, pregando che gli fosse letto il brano del Vangelo secondo Giovanni, che inizia con le parole: Sei giorni prima della Pasqua, sapendo Gesù ch'era giunta l'ora di passare da questo mondo al Padre” (1Cel 511,110).
Così il Celanese descrive uno dei gesti compiuti da Francesco all’approssimarsi del suo Transito a Dio. Questo brano evangelico, la ‘Lavanda dei piedi’, è stato proclamato nella celebrazione del beato Transito di San Francesco d’Assisi vissuta presso il Monastero “Santi Francesco e Chiara” delle Sorelle Clarisse di Lecce. Francesco, uomo della Pasqua: partendo da questa verità fondamentale e fondante l’esperienza dell’Assisiate ha sviluppato la sua meditazione il celebrante, don Maurizio Ciccarese, parroco della parrocchia “Cuore Immacolato di Maria” di Lecce.
L’esperienza della Pasqua vissuta da Cristo Gesù intesa come dono di sé rifulge infatti in modo particolare nella vita di Francesco d’Assisi: “se la Pasqua è il centro della vita del cristiano lo è stata anche per la vita di Francesco. Dagli inizi della sua esperienza di vita minoritica ed evangelica, segnati dalla conversione, fino alla sua morte accolta ‘nudo sulla nuda terra’”. È proprio nel segno della Pasqua che il primo stigmatizzato della storia ha accolto cantando la morte chiamandola sorella perché, ha affermato ancora don Maurizio, “è lei che ha condotto lui e conduce tutti in maniera fraterna all’incontro con il Signore”. È un’esistenza pasquale quella del Poverello di Assisi e di ogni cristiano: “Francesco, e come lui ogni cristiano, è stato chiamato a vivere il passaggio dalla morte alla vita, dal peccato alla penitenza cioè alla conversione. Un passaggio che diventa rendimento di grazie a Dio per quanto ha operato nella sua vita attraverso la contemplazione del grande mistero dell’amore di Dio che si trasforma nel Santo di Assisi in lode, in rendimento di grazie, in Eucaristia, testamento d’amore di Cristo per la vita del mondo e testamento d’amore di Francesco per i suoi fratelli”. Il cammino di Francesco allora verso sorella morte che è cammino pasquale, è un insieme di luminosi percorsi di spogliazione, da lui stesso vissuta baciando il lebbroso, riconoscendosi figlio di Dio e della Chiesa rinunciando a tutto, dinanzi al vescovo Guido, per seguire Cristo povero e crocifisso. La meta è dunque quella segnata dal Vangelo, da Francesco, per ognuno dei cristiani: l’incontro col Padre raggiunto di spogliazione in spogliazione.
La celebrazione pasquale dell’Assisiate ha raggiunto la sua pienezza nel giorno della solennità del Santo Patrono d’Italia. Sommo gesto d’amore per i figli del Padre è stata dunque l’eucaristia festiva presieduta da fra Antonio Giaracuni ofm, guardiano del convento leccese “Sant'Antonio a Fulgenzio”. Intenso e particolare è stato l’invito rivolto ai presenti da parte di quest’ultimo a rivolgere l’attenzione del cuore non tanto alle molte parole che su Francesco si possono dire, ai fiumi d’inchiostro versati nei secoli e che non sintetizzeranno mai la grandezza della sua vita, quanto invece ai gesti che egli ha compiuto. La sua stessa vita è stata un permanente e amoroso gesto pasquale donato a tutti coloro che incontrava. “Esortava sempre i suoi frati a non usare molte parole nell’annunciare il Vangelo ma piuttosto a praticarlo. Proprio per questo Francesco è riuscito a conquistare tutti, anche e soprattutto i piccoli che si sentivano esclusi”. In lui, piccolo tra e per i piccoli, allora, ha chiosato fra Antonio, si realizza in certo qual modo “la Parola di Gesù che loda il Padre perché ha rivelato i misteri del suo Regno ai piccoli e non ai sapienti”.
I piccoli, cioè i discepoli del Signore che formano ancora oggi la sua Chiesa, sono però chiamati, ha concluso il superiore del convento leccese, a vivere nella ferialità della propria esistenza l’esempio di Francesco.
“Salve, sancte pater, patriae lux, forma minorum, virtutis speculum”, “Salve padre santo, luce della patria, modello dei minori, specchio di virtù”: sono le parole di un antico inno che si usa rivolgere a San Francesco e che ognuno dei presenti ha accolto e fatto risuonare nel proprio cuore al termine delle celebrazioni nei giorni della sua festa e che hanno trasmesso ai convenuti una certezza: solo se la propria vita è modellata su quella di Cristo, come lo è stata quella di Francesco, si potrà essere realmente ‘minori’ cioè rientrare nella schiera dei piccoli del Vangelo ai quali il Padre ha rivelato se stesso in Cristo Gesù, Dono per l’umanità ferita e smarrita e bisognosa di misericordia.