Si festeggia domani, al termine della novena, nella chiesa delle Alcantarine nel centro storico di Lecce a due passi da Porta Napoli, la festa in onore della Madonna della Provvidenza, comunemente chiamata in città La Matonna te le cerase.
Dopo la celebrazione della messa solenne delle 18,30 presieduta dal rettore don Giovanni Quarta, verrà portata in processione (ALCUNE IMMAGINI DEL 2015) la statua della Madonna per le vie del centro storico della città. Per l’occasione la statua viene riccamente addobbata con le ciliegie altamente selezionate e provenienti direttamente da Turi: quest'anno l'arciconfraternita ne ha acquistate 600 Kg, Bigarreau di prima scelta.
Per tradizione, in processione la Madonna viene preceduta da un carretto di legno trainato da un asinello e ricolmo di ciliegie benedette e composte a mazzetti dalle donne devote, a cui attingono i fedeli presenti ai bordi delle strade durante il percorso. Anche al termine della processione, nella piazza antistante la chiesa delle Alcantarine, le cerase vengono offerte ai devoti presenti in segno di buon auspicio e dono provvidenziale, quasi che la Madonna stessa voglia farne partecipi i convenuti.
LA CHIESA DELLE ALCANTARINE
Anticamente la chiesa delle Alcantarine faceva parte di un complesso monastico dell’ordine degli Alcantarini, francescani riformati che seguivano le regole di San Pietro d’Alcantara. L’edificio fu eretto nel 1724, su disegno dell’architetto Mauro Manieri ed era annessa al convento non più esistente. La chiesa fu edificata dalle monache Alcantarine per disposizione testamentaria e con le sostanze del Barone di Torchiarolo, Giuseppe Angrisani, che aveva due figlie nel predetto ordine monastico, le cui insegne “D’Argento , a due leoni controrampanti ad un albero, il tutto al naturale”, furono apposte sulla facciata del Tempio.
All’interno del tempio, nel secondo altare di sinistra, si venera la Madonna della Provvidenza detta anche Madonna delle Ciliegie o cerase. Si tratta di una Madonna con il Bambino in cartapesta policroma, opera del XVI sec. alta cm 180, di ignoto maestro salentino.
La statua, con molta probabilità, proviene dalla chiesa di Santa Maria dell’Idria di Lecce. Il simulacro nel 1833 venne trasferito e sistemato nel secondo altare di sinistra nella chiesa di San Pietro d’Alcantara di Lecce, sede odierna dell’arciconfraternita di Maria SS.ma della Divina Provvidenza e Sant'Antonio Abate, la più antica della città che fonda la propria erezione nell’anno 1438. La confraternita ha cambiato diverse sedi e nei secoli più recenti era insediata nella chiesa di Santa Maria dell’Idria di Lecce. Il 7 maggio 1836 Re Ferdinando II di Borbone concesse alla confraternita la proprietà della chiesa delle Alcantarine del soppresso monastero delle religiose Alcantarine, dove il sodalizio stabilì la propria sede e dove tutt’oggi svolge il proprio ufficio. L’1 di settembre 1920 il pio sodalizio fu elevato ad arciconfraternita.
La statua della Madonna della Divina Provvidenza venerata nella chiesa delle Alcantarine di Lecce, è forse tra le statue in cartapesta più antiche del territorio leccese. Il simulacro potrebbe rappresentare una Madonna Madre di Dio, nota anche con la denominazione di Madonna “del segno” o ‘Panaghia Platytera’, - la più ampia dei cieli -, poiché porta il Figlio nel suo grembo. Iconografia mariana tipica dell’arte bizantina, raffigura Maria in posizione frontale, con le braccia aperte e alzate in atteggiamento orante, con il Bambino Gesù anch’egli con le braccia alzate e aperte.
Nel 1999 il pregevole simulacro, sotto la direzione scientifica della Soprintendenza di Bari, è stato oggetto di un accurato restauro a cura della prof.ssa Lidiana Miotto, restauratrice del centro restauro materiale cartaceo di Lecce.
In precedenza, si riteneva che la statua potesse risalire alla fine dell’800. A seguito del complesso lavoro di recupero, si è proceduto alla rimozione ‘a secco’ dei substrati di carta e pittura, e le varie fasi hanno evidenziato che i rifacimenti non avevano né intaccato né compromesso gli strati sottostanti, salvo alcune parti già eliminate in passato. Il restauro restituiva l’opera al suo aspetto originario, permettendo agli studiosi di ipotizzare, anche sulla base dei materiali e delle antiche tecniche di esecuzione, una datazione molto più antica, collocando la realizzazione dell’opera verso la fine del sec. XVI.
Le trasformazioni più evidenti hanno interessato il manto della Madonna e il basamento con le nuvole su cui poggia la Vergine con i putti.
In particolare, l’ampio mantello della Madonna, nello strato più antico, celava tracce dell’originale pettorina popolare “scialletto” con decorazioni a traforo, nonché il vestito in tessuto con trame di broccato.
Lo studio e l’esame di questi antichi rifacimenti, ha costituito un contributo importante ai fini di una ricostruzione storico-artistica, non solo per le metodologie tecniche di lavorazione della cartapesta, ma anche per lo studio dell’antico costume salentino.
Durante le fasi di recupero, la dott.ssa Miotto nella relazione di intervento tecnico-artistico scrive: “…l’opera è stata notevolmente modificata tanto da stravolgere l’aspetto scultoreo originale. Le trasformazioni più evidenti hanno interessato le proporzioni del manto e delle nuvole su cui poggia la Madonna, notevolmente aumentate per il sovrapporsi dei rifacimenti effettuati nel corso del tempo... Il mantello aveva avuto quattro variazioni di tonalità di azzurro, con altrettante variazioni del bordo che, anche se molto frammentate, erano ugualmente definibili: una riprendeva la stessa decorazione del vestito del 1600 a minute foglie d’oro e conservava sotto l’attuale, una festonatura in oro, un’altra a ciliegie, e l’attuale con decorazioni in polvere d’argento”.
Al termine del restauro, in modo inequivocabile, sono emerse molte novità sulle caratteristiche originarie: il tipo di ancoraggio con bulloni e chiodi; l’utilizzo da parte del cartapestaio di una armatura di tela pesante a trama larga ‘a sacco’, tela usata dai cartapestai sino alla fine del ‘500; l’originale colore delle vesti e i decori dell’abito della Madonna, nonché il bel colore rosso del vestito indossato dal Bambino Gesù, come se volesse richiamare il colore delle ciliegie.
Risulta poi significativo il riferimento all’antico decoro sul manto della Madonna, che ha evidenziato una festonatura con ciliegie. Questo dettaglio decorativo spiegherebbe la denominazione che si è tramandata, ‘Madonna delle ciliegie’. E permette di ipotizzare l’esistenza che già dalle sue origini, esisteva una devozione alla “Madonna te le cerase”. Una devozione, dunque, dalle origini ben più antiche dell’800.
La statua per la sua bellezza e per il suo pregio storico ed artistico è stata esposta in passato nei più importanti musei internazionali. Anche qualche anno fa la statua era stata chiesta in esposizione, tramite il Museo provinciale di Lecce, dal Metropolitan Museum of Art di Ney York, ma l’arciconfraternita, per timore di danneggiamenti durante il tragitto, non acconsentì.
LA “FIERA DELLE CAMPANELLE”
Ai festeggiamenti religiosi è abbinata, per tradizione, una manifestazione di natura socio-culturale, sempre legata alla tematica religiosa, senza alcuna finalità di lucro e cioè la “Fiera delle campanelle” che, quest’anno, è iniziata sabato scorso e si concluderà domani alle 22.
Durante la fiera vengono esposte le campanelle di terracotta, orgoglio dell’artigianato leccese e viene coordinata dall’associazione “Accademia Lupiaensis” sotto la guida della prof.ssa Anna Maria Greco.
Con tale manifestazione, ormai giunta alla 22° edizione, si è voluto ripristinare, dopo la pausa pandemica, una tradizione, che sebbene onerosa per le casse dell’arciconfraternita, gode di una notevole rilevanza artistico-culturale che in tempi passati, dal 1500 al 1944 si svolgeva appunto nell'ambito dei festeggiamenti religiosi in onore della titolare del sodalizio.