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Nella serata di mercoledì scorso, l’arcivescovo Michele Seccia ha incontrato le comunità neocatecumenali del Salento presso la basilica di San Domenico Savio di Lecce, dove erano presenti, oltre ai fratelli delle comunità, anche i catechisti itineranti del Salento Rino e Cristina Petruzzelli, don Alessandro e Beniamino, nonché il nunzio apostolico a riposo, mons. Luigi Pezzuto e diversi presbiteri delle diocesi di Lecce e Brindisi.

 

 

 

 

L’incontro era stato fortemente voluto dall’arcivescovo di Lecce per pregare per Carmen Hernández Barrera, la cui causa di beatificazione è stata aperta a Madrid il 4 dicembre scorso.

Carmen, cofondatrice insieme a Kiko Argüello del Cammino neocatecumenale e salita al Padre il 19 luglio 2016, è profondamente legata alla città di Lecce, che visitò l’11 settembre 1994 su invito pressante dell’arcivescovo Cosmo Francesco Ruppi. In quell’occasione si svolse in Piazza Duomo un incontro storico con le comunità neocatecumenali pugliesi, durante il quale Carmen, forse per la prima volta nella sua vita, raccontò per intero la sua storia, perché - come disse lei stessa - «non devi vergognarti di testimoniare ciò che il Signore ha fatto con te» (cf. 2Tm 1,8). Proprio alcuni estratti di quel discorso di Carmen sono stati proiettati nell’incontro di mercoledì con mons. Seccia affinché i presenti potessero conoscere meglio la vita di Carmen e la nascita della sua vocazione.

Carmen nacque nel 1930 a Ólvega, nella provincia spagnola di Soria, e visse l’infanzia a Tudela, città che si trova circa 300 chilometri a nord-est di Madrid. Quinta di nove figli, frequentò la scuola della Compagnia di Maria, strettamente collegata con quella dei Gesuiti, e in quest’ambiente conobbe la figura di san Francesco Saverio e ne rimase impressionata. Un giorno, mentre si trovava nella cappella della cattedrale di Tudela, ascoltò il Vangelo della pesca miracolosa e sentì una forte chiamata all’evangelizzazione, e in modo particolare desiderò di andare in India, la terra nella quale aveva predicato San Francesco Saverio.

All’età di quindici anni Carmen si trasferì con la famiglia a Madrid, dove proseguì gli studi e si laureò in chimica, in obbedienza a suo padre, il quale la voleva coinvolgere nel suo ambizioso progetto industriale. Ma Carmen, che con l’Eucaristia quotidiana e la preghiera aveva tenuto viva la sua vocazione, una volta raggiunta la maggiore età, a 21 anni scappò di casa per entrare come novizia nelle Missionarie di Cristo Gesù, una congregazione nata pochi anni prima, grazie alla quale poté studiare teologia all’università e laurearsi Summa cum laude.

Nel 1962 la congregazione la destinò finalmente all’India, che all’epoca era sotto il dominio britannico, ragion per cui Carmen dovette recarsi a Londra per imparare l’inglese. Tuttavia, in quel periodo l’Istituto delle Missionarie di Cristo Gesù stava vivendo un dibattito interno e nel Capitolo Generale prevalse la linea del conservatorismo. Allora Carmen e altre tre compagne furono percepite come troppo moderne e pertanto furono cacciate dall’Istituto. Carmen parla dell’evento come di un «dirottamento aereo», che la portò da Londra a Barcellona invece che in India.

«Barcellona - dice Carmen - è per me il monte Moria dove portai il mio Isacco ad essere sacrificato, che era la mia “promessa” che avevo fin da bambina di essere missionaria». In questo periodo di svuotamento, di profonda kènosis, durante il quale trovava conforto nella preghiera davanti ai crocifissi del museo Marès, Carmen conobbe Padre Pedro Farnés e frequentò le sue lezioni di liturgia, incentrate sul rinnovamento liturgico che si stava concretizzando nel Concilio vaticano secondo. La giovane quindi, grazie all’esperienza di morte che stava vivendo, comprese in maniera profonda ciò che insegnava Padre Farnés, ovvero che «fare la comunione era comunicare con la morte di Gesù Cristo, per fare la Pasqua, il passaggio alla Risurrezione». In altre parole, Carmen poté scoprire il mistero pasquale, che è il nucleo fondamentale del rinnovamento conciliare e del Cammino neocatecumenale, che - come dice Carmen - è «il Concilio attuato nelle parrocchie».

Nonostante la sofferenza, Carmen in quei mesi sperimentò una profondissima libertà e una grande disponibilità a fare la volontà di Dio, tanto da scrivere a un’amica con le parole del poeta indiano Rabindranath Tagore: «Sono rotti i miei legami, pagati i miei debiti, le mie porte spalancate. Me ne vado da ogni parte! Essi, accovacciati nel loro angolo, continuano a tessere la pallida tela delle loro ore; o tornano a sedersi nella polvere a contare le loro monete. E mi chiamano perché torni indietro. Ma già la mia spada è forgiata, già ho messo l’armatura, già il mio cavallo è impaziente! E io guadagnerò il mio regno!».

Al termine dell’incontro di mercoledì, l’arcivescovo Michele Seccia in una breve omelia ha sottolineato l’importanza dell’ascolto della Parola di Dio, che cambia la vita delle persone e le muove all’annuncio nella vita di tutti i giorni, e ha esortato i fratelli a «rimanere fedeli al carisma del Cammino neocatecumenale».

 

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