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Martedì sera 2 maggio, nella basilica di Santa Croce in Lecce, l’arcivescovo Michele Seccia, le autorità locali, gli amanti dell’arte e i tanti fedeli e devoti di San Francesco di Paola, si ritroveranno dinanzi alla cappella del santo, realizzata dall’architetto-scultore Francesco Antonio Zimbalo, per ammirare il completamento del restauro di una delle massime espressioni del barocco leccese.

 

 

 

Grazie all’interessamento della Curia di Lecce (Ufficio beni culturali, diretto dall’arch. Giorgio Rizzo) e, in particolare dalla Fondazione Splendor fidei presieduta da mons. Antonio Montinaro in stretta collaborazione con la Sovrintendenza di Lecce rappresentata per il coordinamento dalla funzionaria Luisa Rosato, alla generosità dello sponsor, la Monteco srl, al lavoro dei restauratori Ianuaria Guarini e Gaetano Martignano, alla consulenza scientifica di Brizia Minerva e all’opera del già parroco, mons. Flavio De Pascali, finalmente la cappella di San Francesco rivive di nuova luce e bellezza. L’appuntamento è per tutti alle 19.30.

In tutta Italia viene ancora celebrata la commemorazione di uno dei più noti assedi che il Sud Italia subì nella storia: quello della città di Otranto, ad opera dell’Impero Ottomano. Era l’estate del 1480 quando l’esercito turco sbarcò nella città salentina, capeggiato dal generale Gedik Ahmed Pascià. Noi salentini custodiamo ben viva la memoria degli ottocento martiri idruntini. Pochi però sono coloro che ricordano che qualche mese prima dell’attacco ottomano al Salento, San Francesco di Paola, si era premurato di inviare al re, Ferdinando d’Aragona, una lettera in cui descriveva l’imminente pericolo dell’esercito turco in arrivo sulle nostre coste, invitandolo ad abbandonare le guerre intestine in Toscana, capeggiate dal figlio Alfonso, per tornare al sud.

Il sovrano, che già provava nei confronti del frate paolano una forte avversità, soprattutto per la battaglia ideologica che San Francesco compiva ogni giorno contro gli sprechi e il lusso del regno nei confronti del popolo, ordinò l’immediato arresto del frate, additandolo come millantatore.

Si presentarono quindi, nel paesino di Paternò, dove San Francesco pregava nella sua chiesetta, le guardie dell’esercito di re Ferrante, inviati da Napoli, ma quando essi videro la vita condotta dal frate e ne ascoltarono le parole, compresero l’insensatezza dell’ordine ricevuto e il santo riferì loro che si sarebbe abbattuta una grave sciagura sul regno: “I musulmani assaliranno Otranto distruggendola dalle fondamenta”. Volgendo il viso verso la parte meridionale della Puglia, esclamava piangendo: “Ah infelice città, di quanti cadaveri ti veggo piena! quanto sangue cristiano s’ha da spargere sopra di te” (S. DE MARCO, Compendiosa istoria degli Ottocento Martiri Otrantini, Tipografia Cooperativa, Lecce 1905, p. 17.). Il santo profetizzò: “Tornate al vostro re e ditegli che ormai è tempo di calmare lo sdegno del Signore con pronto ravvedimento; che Dio tiene alzata la sua destra per colpirlo; che si valesse del tempo concessogli per evitare il castigo. L’armata dei Turchi minaccia l’Italia ma più da vicino il suo regno: ritirasse le soldatesche dalla Toscana, non curasse l’altrui, mentre trattavasi di difendere il proprio” (G. GIANFREDA, Gli 800 Martiri di Otranto, Ed. Salentina, Galatina 1975, p. 21). Ma purtroppo non fu ascoltato.

Qualche mese dopo si verificò l’invasione ottomana a Otranto. I cittadini vittime dell’attacco non ricevettero alcun aiuto da parte delle truppe del re e ci volle un anno perché il Regno di Napoli riacquistasse potere sul territorio pugliese.

Proprio questa profezia del santo di Paola, campeggia nell’altare, adeguatamente restaurato, presente nella Basilica di Santa Croce. Lo Zimbalo volle infatti realizzare, nell’intaglio lapideo, la commemorazione di questa profezia e così lasciare un indelebile ricordo che rese celebre San Francesco. La sua venerazione si estese a tutto il meridione. Fu canonizzato nel 1519, a distanza di soltanto 12 anni dalla sua morte, da Leone X, al quale quando era ancora un bambino predisse che sarebbe diventato il vescovo di Roma. Divenne santo patrono del Regno delle due Sicilie nel 1738, quando Clemente VII accolse le istanze del popolo e dello stesso Re Carlo di Borbone.

Finalmente, riprende vita e colore questo splendido altare, a cui il solerte lavoro dei restauratori ha restituito l’antica bellezza. Nel corso del restauro è stato scoperto un antico cubiculo dove per secoli fu conservata la reliquia del santo, che, però, nel corso del tempo, è andata perduta. Mancava dunque un elemento prezioso, un ricordo vivo di San Francesco di Paola. Anche a questa assenza, però, si è posto giusto rimedio. Infatti, da Roma è recentemente giunta la sacra reliquia che, nel corso dell’inaugurazione, verrà proposta alla venerazione dei fedeli, prima di essere nuovamente incastonata al suo posto, affinché il santo di Paola custodisca la nostra terra e la nostra città.

 

Photogallery anteprima esclusiva di Arturo Caprioli

 

 

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