Si svolgerà questa sera 4 dicembre con inizio alle 18.30 la conferenza organizzata dall’Università Terza Età e Adulti Fulgenzio e Fulgenzio Antoniano, in collaborazione con Alleanza Cattolica, sul tema: “Crisi della famiglia. Istituzione superata o sotto attacco?”.
L’incontro avrà luogo a Lecce presso la parrocchia santuario di Sant’Antonio da Padova a Fulgenzio. Con l’occasione, abbiamo rivolto alcune domande sull’argomento al relatore Salvatore Calasso, militante di Alleanza Cattolica e studioso della rivoluzione antropologica della modernità nonché autore del libro “Dalla donna al single”.
Dott. Calasso, partiamo dalla recente cronaca: l’ennesimo femminicidio ha portato sotto i riflettori il patriarcato quale presunta fonte di mali e violenze sulle donne. Quale è il suo giudizio?
In queste settimane siamo tutti stati colpiti dall’efferato omicidio compiuto da Filippo Turetta nei riguardi della sua ex-fidanzata. Questo fatto ha dato il là per una messa in discussione del ruolo della famiglia. Si è usata la parola talismano “patriarcato”, ripetuta ossessivamente come un mantra. Secondo la vulgata diffusa dai mass-media, il patriarcato sarebbe il nuovo nemico: tutte le violenze verso le donne hanno questa radice. Si è fatto fatica a spiegare, senza peraltro riuscirci, che oggi il patriarcato non esiste, che è un’istituzione in Occidente largamente superata, appartenente al passato e che oggi resiste solo nelle comunità islamiche.
Allora perché si è usato questo termine?
La parola “patriarcato” non è stata usata nel suo significato preciso, che indica un sistema sociale nel quale il governo della famiglia è diritto e dovere dei capifamiglia. Essa è diventata un maxi contenitore con cui si è dato origine a una nuova narrazione ideologica, sganciata dal fatto reale, usato peraltro strumentalmente, che rifiuta ogni logica e ogni ragione per puntare esclusivamente sull’emotività del momento con lo scopo di mettere in discussione la famiglia quale istituzione fondamentale del vivere sociale e in essa il ruolo del padre.
Vero, il termine “patriarcato” più di quello già usato di “maschilismo” richiama alla famiglia. Come mai questa messa in discussione?
È dalla rivoluzione antropologica del ’68 che la famiglia come istituzione è oggetto di un attacco da parte di forze culturali e politiche che ne propugnano il suo smantellamento. Essa non viene più presentata come il luogo di crescita e di realizzazione umana e fonte del vivere sociale, ma come il luogo delle conflittualità e delle nefandezze. L’uomo e la donna si realizzano altrove, non più nella famiglia. Essa - come il patriarcato - è diventato un contenitore vuoto che può riempirsi di qualsiasi cosa, all’insegna del “tutto è famiglia basta l’amore!”. Così si hanno le famiglie arcobaleno, le famiglie monoparentali, il poli-amore che è una forma nuova che unisce poligamia e poliandria in una pluralità di affetti. È insomma il vecchio sogno della “comune” di sessantottina memoria, che diviene prassi sociale.
Quale è il risultato di questa rivoluzione?
Questa rivoluzione antropologica ha portato alla crisi dell’istituzione familiare come la storia l’ha conosciuta finora e al tentativo di sostituirla con una società fondata sull’individualismo egocentrico. Il risultato è uno sfaldamento delle relazioni con un’incapacità sempre più acuta di costruire comunità stabili e durature. L’esito è il “single”, l’uomo e la donna soli, individui potenzialmente asessuati, tesi a vivere tutte le libertà possibili, tutte le relazioni possibili. A causa del primato del proprio io, l’uomo e la donna rifiutano il proprio essere naturale e vogliono costruirne uno nuovo in cui il desiderio ha un ruolo preminente. Ciò porta a comporre relazioni seguendo la propria cupidigia che tende a “cosificare” le persone. È un “usa e getta” sociale che ha risultati devastanti a livello relazionale. L’esempio sono proprio le violenze a tutti i livelli. Quando ci si dimentica che si ha davanti o accanto una persona umana con la sua irripetibile soggettività e non una “cosa” da usare è facile cedere alla violenza e trattarla alla stregua di un profilo social che quando non piace più lo si blocca e il gioco è fatto.
Se la situazione è questa, c’è speranza per la famiglia?
Se il trend continua a essere questo non c’è speranza né per la famiglia, né per le società occidentali. Non a caso l’Occidente sta invecchiando precocemente. Solo mettendo al centro la famiglia tradizionale, quella composta da padre, madre e figli, con i suoi valori di amore, rispetto e solidarietà, si può invertire il trend negativo in atto. Ma questo richiede un altro tipo di narrazione e di cultura che passi dall’esaltazione dell’io individuale al primato del noi, in cui ognuno si realizza nel dono di sé all’altro e insieme si diventa costruttori di comunità durature.