Una mamma che prega il Signore della vita perché altre mamme non abbiano più a sperimentare il dolore per una figlia o un figlio, recisi come “fiore spezzato prima di sbocciare”.
Un papà che, col cuore in mano e la fede grande a sostenerlo, davanti a un fiume di gente sbigottita e sgomenta, ha solo parole di gratitudine e perdono.
Una figlia, piccoletta solo per i suoi sette anni, ma già grande per le ferite subite nell’anima, capace di stare di fronte alla bara di mamma e coraggiosa a tal punto da versare lacrime solo di amore, amore puro, di chi sa, senza averne piena consapevolezza, che ha già dovuto dare il suo “addio per sempre” a chi per amore l’ha messa al mondo.
Il silenzio, composto e orante di un popolo, intervallato dallo scrosciare di applausi che hanno accompagnato ritmando il tempo dopo la celebrazione.
Le tante domande e i tanti perché di spose e di padri, di figli e amici che oggi hanno smarrito l’orizzonte verso il quale orientare il grido assordante e muto del dolore che s’imbratta con la morte e che, finalmente, s’incanala verso la via di un Cielo che piange col desiderio di svuotare le nuvole e indicare la meta verso la quale tutti, ciascuno, stiamo orientando i nostri passi…
Tutto questo e tanto altro è ciò che alberga nel cuore di un prete e che, “al termine del giorno”, giorno tra l’altro dedicato alla santificazione dei presbiteri nella solennità del Sacro Cuore di Gesù, non può far altro se non riconsegnare a Dio.
Faticosa consegna da fare a Dio, eppure doverosa! Perché ogni perdita sia colmata, ogni lacrima asciugata, ogni silenzio ricolmo di Parola, unica che illumina e apre alla speranza, ogni perché? sia immerso nel grande perché? di Cristo in croce, ogni goccia di sangue innocente sparso sulla terra degli uomini possa continuare a gridare giustizia in Cielo, davanti a Dio.
Faticosa consegna da fare a Dio, eppure doverosa! Perché - per dirla con le parole del vescovo Seccia pronunciate all’omelia -: “Mai più violenza, solo amore! Mai più violenza, solo perdono e riconciliazione!”.