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Fra i vizi capitali, l’invidia ha sempre occupato un posto tutto particolare. La Rochefoucauld ha osservato che anche se spesso ci si vanta in pompa magna delle passioni più delittuose, l’invidia la si tace, non si osa confessarla. Dell’invidia ci si vergogna; tanto da faticare a parlarne. È proprio vero: l’invidia è il più duro da confessare fra i vizi capitali, il più ripugnante, il più difficile da tramutare in un motivo di orgoglio – l’unico, anzi, per cui questa metamorfosi sia così dolorosamente impossibile.

Tutti i vizi capitali dilatano a dismisura atteggiamenti o inclinazioni che di per sé non avrebbero nulla di male, se non fosse, appunto, che superano il limite di quello che è considerato sano, giusto o almeno accettabile – è proprio questa trasgressione a trasformarli in vizi. Questo vale per la gola, la lussuria, pure l’avarizia e l’accidia (bisogna pur oziare, di tanto in tanto!); persino per l’ira e la superbia, che in una certa misura possono anche essere ritenute ‘giuste’, cioè avere dei motivi solidi. Vale, insomma, per tutti i vizi capitali – tutti tranne uno...

 

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