Nel periodo rivoluzionario, e più precisamente nell’anno 1799, anche il piccolo borgo a nord di Lecce visse lotte e divisioni. È in questo scenario che i Trepuzzini confermarono Maria Assunta in cielo come loro patrona e protettrice.
Ancora oggi l’età postrivoluzionaria è fonte di contrasti e pareri discordanti. Tra poche settimane ricorrerà il secondo centenario dalla morte di Napoleone Bonaparte, momento per noi italiani reso “popolare” dal celebre componimento poetico di Alessandro Manzoni, che scrisse quest’ode appena venuto a conoscenza della scomparsa dell’ex imperatore e che intere generazioni di italiani hanno studiato nel percorso scolastico. La Francia, nell’avvicinarsi a tale ricorrenza, da mesi vede un dibattito culturale acceso sul se e come commemorare i duecento anni dal 5 maggio 1821, giorno in cui l’esiliato generale morì. Quella che oggi viene definita opinione pubblica era allora come frammentata.
Il popolo italiano aveva da poco vissuto le vicende della cosiddetta prima campagna d’Italia, con la quale la Francia, attraverso le armate guidate dal futuro imperatore, creò nel centro-nord della penisola stati sul nuovo modello francese, le “repubbliche sorelle”. Il regno di Napoli guidato dal sovrano Ferdinando IV (conosciuto ora come Ferdinando I delle due Sicilie), il quale non aveva subito la discesa d’oltralpe, cercò di restaurare il potere pontificio a Roma, ma la controffensiva francese lo costrinse non solo a ripiegare, ma anche a lasciare precipitosamente la città partenopea e fuggire. Varie vicende portarono al rovesciamento del potere monarchico e alla nascita anche nel meridione d’Italia di una repubblica. Era l’anno 1799. Essa però, non ebbe vita facile. Mentre una parte delle più importanti personalità culturali appoggiavano il sistema repubblicano, un’altra parte, con l’appoggio della nobiltà e del clero, si tenne lontana da questa nuova entità statale, e molti andarono incontro a repressione e persecuzione. Soprattutto, fu il popolo a lottare contro la neo nata repubblica napoletana, dietro la quale esso vedeva soltanto l'invasione crudele della Francia nel proprio territorio.
Anche i cittadini di Trepuzzi erano desiderosi di dare il loro contributo per la cacciata dei francesi, così che nel mese di aprile i signori don Antonio Papadia e don Gregorio Perrone che ricoprivano rispettivamente le (attuali) cariche di sindaco e segretario generale, si recarono presso il palazzo di don Giambattista Petrucci, affinchè guidasse i gruppi di volontari trepuzzini che volevano recarsi a Brindisi per arruolarsi al seguito dell’esercito Sanfedista guidato dal card. Fabrizio Ruffo e combattere così “per la fede e per il trono”. Di fronte al diniego del Petrucci però, si scatenò l’ira della popolazione, che assaltò il palazzo, lo mise a fuoco e catturò don Giambattista e suo figlio per processarli per tradimento.
La notizia degli scompigli nel borgo salentino giunse all’orecchio della guarnigione francese stanziata a Lecce, che decise così di inviare un contingente militare a Trepuzzi per saccheggiare il paese. Alcuni contadini videro avvicinarsi le truppe, così corsero in paese avvertendo la popolazione dell’imminente pericolo. Tutti si riversarono precipitosamente nella chiesetta già denominata di Maria SS. dei Martiri, al cui interno era allora custodita la statua della Madonna Assunta, pregando disperatamente per la loro salvezza. Dopo un po' di tempo, alcuni notarono che il volto della Beata Vergine era bagnato, così che aprendo la nicchia scoprirono che la Madonna “era come se stesse sudando”.
Il parroco don Emanuele Giurgola si fece consegnare da un garzone di sarto, tale Francesco Rampino lì presente, il panno con il quale avvolgeva un abito per un matrimonio, e con quello asciugò il volto e la statua della Madonna. In quello stesso periodo tempo, l’intera città venne coperta da una fitta coltre di nebbia. Questa rese Trepuzzi introvabile, così da far rientrare l’esercito francese in città a fine giornata senza aver portato a termine l’operazione. I Trepuzzini videro in quel volto bagnato il sudore della Beata Vergine, che fortemente volle ascoltare le suppliche dei suoi figli e per loro intercedeva presso l’Altissimo, affinchè li scampasse dalla morte certa e dalla distruzione del loro paese.
Essendo la diocesi di Lecce vacante per due decenni, si dovette aspettare la visita pastorale del vescovo Nicola Caputo negli anni venti del XIX secolo per avere l’approvazione ecclesiastica, che venne data con la concessione della festa in onore della “Beatae Mariae Virgo prodigorum” il 12 aprile di ogni anno, successivamente spostata alla domenica in albis per la frequente concomitanza della suddetta giornata con le celebrazioni pasquali.
In questo avvenimento la città di Trepuzzi sperimentò la protezione materna e comunitaria della loro amata Madonna Assunta, amore e presenza che ella ha continuato ad elargire nei secoli a generazioni e generazioni di trepuzzini che con semplicità e sincerità si sono a lei rivolti. Madre non solo nel momento della prova o nei giorni della festa, ma madre di tutti, di quelli che “passano a trovarla” nella sua chiesa nei diversi giorni dell’anno, con la neve e con l’afa, per un rosario o per una sola ave Maria, per una supplica o per un grazie, di coloro che portano la sua immagine impressa nel loro cuore nel letto della loro infermità e di quelli che per qualsiasi motivo sono lontani dal loro paese e che nel rivolgere il pensiero a quella madre con le mani spalancate sentono un legame doppio che li stringe al cielo e alla loro Trepuzzi.
Stasera alle 18,30, nel 222° anniversario del prodigio, l’arcivescovo Michele Seccia sarà in chiesa madre per presiedere l’eucarestia della festa, fare memoria del miracolo e rinvigorire la devozione e l’amore dei Trepuzzini verso la Madre di Dio, Assunta in cielo.