0
0
0
s2sdefault

Non più un’approvazione bensì una conferma. Si gioca sul passaggio di testimone dal primo al secondo termine la novità principale del Motu proprio (LEGGI IL TESTO INTEGRALE) col quale Papa Francesco he deciso di modificare l’assegnazione di alcune competenze previste dal Codice di Diritto Canonico, sia della Chiesa latina sia di quelle orientali.

 

 

 

Tra queste anche la competenza per le Conferenze episcopali di pubblicare i catechismi. Una delle prime novità riguarda lo spostamento dalla Santa Sede al vescovo diocesano della facoltà di creare un seminario nel suo territorio senza dover più attendere l’approvazione da Roma ma semplicemente una sua conferma. Lo scopo, come viene definito nell’introduzione al Motu proprio, è quello di favorire un “sano decentramento” che renda più dinamica l'assunzione di decisioni in campo ecclesiale.

Analoga possibilità viene riconosciuta ai vescovi circa la formazione sacerdotale (i vescovi possono adattarla “alle necessità pastorali di ogni regione o provincia”) e l’incardinazione dei sacerdoti, che d’ora in avanti potranno esserlo - oltre che in una Chiesa particolare o in un Istituto religioso - anche in una “associazione pubblica clericale”, riconosciuta dalla Santa Sede, in modo da evitare che vi siano “chierici acefali e girovaghi”. Al criterio del decentramento, ma anche della “prossimità”, risponde pure l’allungamento da 3 a 5 anni del periodo di “esclaustrazione”, cioè della possibilità che autorizza un religioso a vivere al di fuori del proprio Istituto per gravi motivi. Il Motu proprio, oltre che sulla competenza per le Conferenze episcopali di pubblicare catechismi, interviene trasferendo dalla Santa Sede alla responsabilità delle Chiese locali le decisioni su possibili riduzioni del numero di messe da celebrare rispetto alle intenzioni ricevute.

“Il Motu proprio, con il quale vengono mutate alcune norme dei due Codici della Chiesa cattolica - afferma il vescovo Marco Mellino, segretario del Consiglio di cardinali e membro del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, nello spiegare i principi generali che hanno ispirato il Papa - è un tassello che si va ad unire al lavoro di riforma che Papa Francesco ha avviato fin dall’inizio del suo pontificato e che sta portando avanti e risponde allo spirito del ‘sano decentramento’ indicato nell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, n. 32, volto a favorire e valorizzare nella Chiesa la dinamica della prossimità, senza pregiudicare con questo la comunione gerarchica”.

“L’intenzione che lo anima - prosegue Mellino - è profondamente pastorale ed è ben delineato nel cappello introduttivo del testo, nel quale è detto che tenendo presente la cultura ecclesiale e la mentalità giuridica propria di ciascun Codice, alcune competenze finora attribuite alla Santa Sede, e dunque esercitate dal governo centrale, vengono ‘decentrate’, ossia assegnante ai vescovi (diocesani/eparchiali o riuniti in Conferenze episcopali o secondo le Strutture gerarchiche orientali) e ai superiori maggiori degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica con il preciso intento di favorire innanzitutto il senso della collegialità e della responsabilità pastorale, oltre che assecondare i principi di razionalità, efficacia ed efficienza”.

 

SEMINARI, FORMAZIONE SACERDOTI E INCARDINAZIONI

“Finora - continua il segretario del Consiglio dei cardinali - per l’erezione di un seminario interdiocesano, come per la ratio di formazione sacerdotale emanata da una Conferenza episcopale, la normativa richiedeva l’approvazione da parte della Santa Sede, ora, invece, è prevista la conferma”.

L’approvazione è il provvedimento con il quale un’autorità superiore (in questo caso la Santa Sede), esaminata la legittimità e l’opportunità di un atto di un’autorità inferiore, ne permette l’esecuzione. La confermazione, invece, è la semplice ratifica dell’autorità superiore che conferisce al provvedimento dell’autorità inferiore una maggiore autorevolezza. Da ciò si capisce che l’approvazione, rispetto alla conferma, comporta un impegno e coinvolgimento maggiore dell’autorità superiore. Pertanto, è evidente che il passare dal richiedere l’approvazione al richiedere la conferma non è solo un cambiamento terminologico, ma sostanziale, che si muove precisamente nella direzione del decentramento.

“Questo vale anche per l’istituto dell’incardinazione - sostiene mons. Mellino -, che è l’istituto che definisce il legame tra il servizio ministeriale di un chierico e una Chiesa particolare, ne indica l’appartenenza e l’impegno a dedicarsi ad essa. Finora la legislazione prevedeva che l’incardinazione è possibile nella diocesi o nelle strutture ad esse equiparate (es. ordinariato militare, abbazia territoriale, vicariato apostolico, prefettura apostolica), nelle prelature personali e negli Istituti di vita consacrata e nelle Società di vita apostolica. Con l’entrata in vigore di questo Motu proprio a queste strutture atte ad incardinare si aggiunge anche quella delle associazioni pubbliche clericali che abbiano ottenuto tale facoltà dalla Sede Apostolica”.

CATECHISMI E NUMERO DELLE MESSE

“Circa i catechismi - prosegue Mellino -, ad oggi la normativa prevede che se una Conferenza episcopale ritiene utile pubblicare un catechismo o catechismi per il proprio territorio deve ottenere la previa approvazione della Sede Apostolica. Per la ragione del sano decentramento e della prossimità, già esposto e spiegato prima, è parso bene anche qui sostituito il termine approvazione con il termine conferma.

“Circa gli oneri delle messe – sottolinea il vescovo membro del Consiglio per i testi legislativi - e quelli annessi alle cause pie e alle fondazioni, occorre premettere che la normativa risponde ad un principio generale, secondo cui le volontà dei fedeli si devono adempiere diligentemente. Questo, tuttavia, non esime dal fatto che, col tempo, si presentino necessarie eccezioni, imputabili alla non corrispondenza o allo squilibrio sopravvenuti tra il costo degli oneri e l’importo delle rendite destinate a farsene carico. Se gli oneri diventano più costosi, o le rendite diminuiscono, o si verificano entrambe le circostanze è evidente che si deve prevedere un riassestamento. Fatta questa premessa, circa la riduzione degli oneri delle messe, che sempre richiede una causa giusta e necessaria, finora la normativa riservava la competenza alla Santa Sede; ora, invece, viene affidata al vescovo diocesano e al moderatore supremo di un Istituto di vita consacrata o di una Società di vita apostolica clericali. Quest’ultima disposizione risponde ad un principio di cautela e di prudenza”.

In ogni caso - conclude mons. Mellino -, anche per queste ultime due fattispecie il principio per cui si è modificata la normativa è ancora quello del decentramento, della prossimità, di un’azione pastorale di governo che possa essere di più rapida efficacia e rispondente, in ultimo, a quella che nella Chiesa deve sempre essere la legge suprema: la salvezza delle anime. Fare il bene dei fedeli, farlo al meglio e farlo subito”.

 

Forum Famiglie Puglia