0
0
0
s2sdefault

“Il celibato è la grande bellezza della vita di un sacerdote, che però va coltivato perché è un tesoro che coltiviamo in vasi di argilla”.

Il card. Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il clero, ha usato una metafora dai toni cinematografici, che riecheggia il titolo del celeberrimo film di Paolo Sorrentino, per descrivere ai giornalisti il celibato come “dono di Dio, che va accolto”.

“Io dico sempre ai vescovi: ‘formate bene i sacerdoti, siate molto vigilanti anche sugli aspetti umani della persona’”, ha rivelato Stella durante il briefing di ieri sul Sinodo per l’Amazzonia.

“La Chiesa è rimasta l’unica istituzione che predica un impegno per sempre: per i sacerdoti, la vita consacrata e il matrimonio”, ha ricordato il porporato: si tratta di “una grande e sfida e una tremenda esigenza interiore”.

“Il dono del celibato - ha precisato Stella entrando nel dettaglio - rappresenta oggi per i giovani e anche per i sacerdoti una grande sfida personale, che si deve assumere con grande coscienza interiore dopo un tempo di addestramento e di formazione personale”.

“Preghiera, disciplina e impegno personale”: sono questi, secondo il prefetto, i tre requisiti che fanno sì che “il celibato si può vivere, ma consapevoli che viviamo in un mondo che non lo assume come un valore”.

“Dobbiamo parlare ai giovani e presentare le esigenze del sacerdozio latino come grande impegno e grande bellezza”, l’invito del porporato: “è una vocazione, che per essere accolta, oltre che della preparazione in un contesto di grande qualità umana, ha bisogno dell’equilibrio di una mente sana e di una affettività trasparente”.

“Quello che il Sinodo potrà dire sui nuovi cammini di ministerialità - ha detto Stella rispondendo ad una domanda sui “viri probati” - lo lasciamo al discernimento dei padri sinodali e al discernimento finale del Santo Padre, che ha il compito di fare il discernimento di Pietro”.

 

Forum Famiglie Puglia