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Verso la metà di novembre, nei Paesi dell’Europa centrale si moltiplicano gli indizi che l’Avvento si sta avvicinando. Ovunque si notano lampade e figure luminose che decorano strade e negozi che espongono i simboli dell’avvento e del Natale, tra i quali non può mancare la corona dell’Avvento.

Sembra che essa sia un retaggio di antichi riti pagani che si celebravano nel mese di yule (dicembre): in questo mese, infatti, specialmente nei Paesi del nord Europa, in cui le notti sono lunghe e fredde, gli abitanti erano soliti raccogliere delle corone e ghirlande di abete e accendere dei fuochi in segno di speranza per il ritorno della primavera. Durante il freddo e l’oscurità di dicembre, periodo in cui si ha il solstizio d’inverno (dal latino solstitium; sol=Sole e sistere=fermarsi), momento in cui il Sole cessa di alzarsi (o scendere) rispetto all’equatore celeste, tale ritualità era espressiva del desiderio che la vittoria finale non fosse del freddo, del buio e della morte, ma del calore, della luce e della vita.

Questo significato connesso alla ritualità dell’inverno dei Paesi nord europei fu assunto e superato dai cristiani: il calore, la luce e la vita tanto desiderati non sono solo quelli provenienti dal sole, ma da Cristo, il vero sol invictus, il sole che non sarà mai vinto; per cui, la Chiesa ha voluto far coincidere l’Avvento con le settimane che precedono il solstizio d’inverno, proprio perché più si allunga e s’infittisce la notte e più si attende che sorga la luce.

A partire dal XIX secolo, questa consuetudine, pur non appartenendo alla tradizione strettamente liturgica, ma possedendo una connotazione particolarmente domestica, dal nord della Germania si è propagata nelle case e nelle chiese di molti Paesi europei.

Sembra, infatti, che l’abitudine di accendere ceri colorati posti sopra una corona di rami sempreverdi abbia preso avvio ad Amburgo, nell’Avvento del 1838, per iniziativa del giovane pastore evangelico, Johann Heinrich Wichern (1808-1881), il quale si adoperò all’educazione e alla cura dei ragazzi di strada, dando loro un tetto e da mangiare. Nel 1883 istituì per loro una casa, quella che prese il nome di “Rauhe Haus”, e li avviò ad una professione. Ogni anno, specialmente nel periodo prenatalizio, il pastore organizzava per i ragazzi alcuni momenti di preghiera che prevedevano, oltre a canti e a narrazioni, l’accensione di una candela, da qui il nome di Kerzenandacht (celebrazione delle candele). Un amico del pastore preparò un cerchio di legno per disporre le candele, che inizialmente erano 24 (il numero dei giorni di dicembre che precedono il Natale), in modo da formare una “corona di luce” (Lichterkranz). In seguito, la corona venne ornata con rami di abete, come segno di vita.

L’usanza della corona di Avvento, chiamata Corona di luce, si diffuse ben presto fra le famiglie della città, dove, peraltro, il numero delle candele si ridusse da 24 a 4, come le domeniche d’Avvento. Dopo la prima guerra mondiale essa si diffuse anche in ambito cattolico, e nel 1925 fece la sua prima comparsa in una chiesa cattolica di Colonia e nel 1930 a Monaco di Baviera, mentre verso il 1935 in Austria si cominciò benedirle per il loro utilizzo domestico. In Italia questa tradizione ha iniziato a muovere i primi passi solo dopo il Concilio Vaticano II, per cui la sua presenza nelle chiese - collocata in un luogo visibile del presbiterio, vicino all’altare o vicino all’ambone - e nelle famiglie - posta sul tavolo, divenendo il centro attorno a cui la famiglia si riunisce per un momento serale (quotidiano o settimanale) di preghiera, si è sviluppata in maniera consistente.

Il “Direttorio su pietà popolare e liturgia” sottolineando la sua valenza simbolica e la sua connotazione domestica, così si esprime sulla corona d’Avvento: «La disposizione di quattro ceri su una corona di rami sempre verdi, in uso soprattutto nei paesi germanici e nell’America del nord, è divenuta simbolo dell’Avvento nelle case dei cristiani. La corona di Avvento, con il progressivo accendersi delle sue quattro luci, domenica dopo domenica, fino alla solennità del Natale, è memoria delle varie tappe della storia della salvezza prima di Cristo e simbolo della luce profetica che via via illuminava la notte dell’attesa fino al sorgere del Sole di giustizia (cf. Ml 3, 20; Lc 1, 78)» (n. 98).

Nel contesto dell’Avvento, dunque, periodo caratterizzato dall’attesa e dalla vigilanza, nel quale centrale è la simbolica della luce, la corona di Avvento assolve alla sua funzione religiosa, quella di annunciare l’avvicinarsi del Natale, prepararsi ad esso con la preghiera e manifestare che Cristo è la vera luce che rischiara le tenebre del male. Essa, proprio per la sua carica simbolica, può divenire uno strumento efficace per celebrare Cristo, luce del mondo, nella gioia di coloro che lo attendono con le lampade accese (cf. Lc 12,35‑40).

Infatti, la corona è anzitutto un segno di regalità e di vittoria, annuncia che il bambino che si attende è il re che vince le tenebre con la sua luce; è di forma circolare, poiché il cerchio è, fin dall’antichità, un segno di eternità e di unità: indica il tempo che ciclicamente ritorna, ma simboleggia anche l’attesa del ritorno di Cristo; è costituita da un grande anello fatto di rami verdi, in genere fronde di abete (o di pino), perché è un albero sempreverde, a simboleggiare la speranza e la vita che non termina, quella eterna; avendo la forma di anello, essa è anche segno di fedeltà, la fedeltà di Dio alle sue promesse; sospesa al soffitto, pendente dall’alto, come nella sua tradizionale collocazione, a mo’ di candelabro antico, ad indicare la luce che viene dall’alto; su di essa sono fissati quattro ceri, posti ad eguale distanza tra di loro, che stanno a significare le quattro settimane di Avvento e vengono accesi uno per volta, ogni domenica: il loro consumarsi evidenzia visibilmente lo scorrere del tempo e l’avvicinarsi del Natale, mentre la luce, di domenica in domenica, aumenta gradualmente.

Una tradizione molto diffusa, poi, suggerisce anche il nome delle candele, dedicate a quattro figure tipiche dell’attesa messianica: la prima candela è detta “del Profeta”, poichè ricorda le profezie sulla venuta del Messia; la seconda candela è detta “di Betlemme”, per ricordare la città in cui è nato il Messia; la terza candela è detta “dei pastori”, i primi che videro ed adorarono il Messia; la quarta candela è detta “degli Angeli”, i primi ad annunciare al mondo la nascita di Gesù; – in alcuni luoghi, poi, vi è l’uso anche di una quinta candela centrale, che si accende il giorno di Natale, a ricordare e celebrare la nascita di Gesù.

Lungi, dunque, dall’essere relegato a semplice oggetto ornamentale, così come il consumismo moderno lo ha purtroppo ridotto, la corona di Avvento è un simbolo che, mentre ritma i giorni di preparazione al Natale del Signore, scandisce pure il cammino di conversione di ogni cristiano, fatto di vigilanza operosa e di attesa fiduciosa del Cristo che “viene incontro a noi in ogni uomo e in ogni tempo” (Prefazio dell’Avvento I/A), illuminato dalla speranza.

*docente di liturgia presso il Pontificio Istituto Liturgico «S. Anselmo» in Roma

 

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