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Gli abusi sessuali commessi da membri del clero su minori non sono più coperti da “segreto pontificio”.

Rimane, invece, il “segreto d’ufficio” per garantire “la sicurezza, l’integrità e la riservatezza” delle varie fasi del processo e “tutelare la buona fama, l’immagine e la sfera privata di tutte le persone coinvolte”. È la novità principale contenuta nel rescritto del Papa con cui si promulga l’Istruzione “Sulla riservatezza delle cause”, che entra in vigore immediatamente, dopo la pubblicazione su L’Osservatore Romano.

D’ora in poi, stabilisce il Santo Padre, “non sono coperti dal segreto pontificio le denunce, i processi e le decisioni” riguardanti i “delitti” contro il sesto comandamento del Decalogo, che - come si legge nell’articolo 1 del Motu proprio “Vos estis lux mundi”, emanato dal Papa il 7 maggio 2019 - consistono: “nel costringere qualcuno, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, a compiere o subire atti sessuali; nel compiere atti sessuali con un minore o con una persona vulnerabile; nella produzione, nell’esibizione, nella detenzione o nella distribuzione, anche per via telematica, di materiale pedopornografico, nonché nel reclutamento o nell’induzione di un minore o di una persona vulnerabile a partecipare ad esibizioni pornografiche”.

Sono punibili, inoltre, stabilisce il Motu Proprio del maggio scorso, anche le “azioni od omissioni dirette a interferire o ad eludere le indagini civili o le indagini canoniche, amministrative o penali, nei confronti di un chierico o di un religioso”. Per quanto riguarda le cause e i processi, l’Istruzione - diffusa ieri dalla Sala Stampa della Santa Sede ma firmata dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, il 6 dicembre scorso – dispone che “le informazioni sono trattate in modo da garantirne la sicurezza, l’integrità e la riservatezza, al fine di tutelare la buona fama, l’immagine e la sfera privata di tutte le persone coinvolte”.

“Il segreto d’ufficio - si precisa però nel rescritto del Papa - non osta all’adempimento degli obblighi stabiliti in ogni luogo dalle leggi statali, compresi gli eventuali obblighi di segnalazione, nonché all’esecuzione delle richieste esecutive delle autorità giudiziarie civili”. “A chi effettua la segnalazione, alla persona che afferma di essere stata offesa e ai testimoni non può essere imposto alcun vincolo di silenzio riguardo ai fatti di causa”, si dispone infine nell’Istruzione.

 

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