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“Siamo chiamati a vivere la Parola come la lingua madre di tutte le lingue della fede”. Lo afferma in occasione della Domenica della Parola di Dio che si celebra oggi, il pugliese mons. Antonio Pitta, prorettore della Pontificia Università Lateranense.

“Il rischio che si riduca questa domenica ad una semplice celebrazione eucaristica più solenne è in agguato - sottolinea dalle colonne di Avvenire -. La Domenica della Parola non vale soltanto per un giorno, ma per tutto l’anno, come il Corpus Domini”.

Ripercorrendo la lettera apostolica “Aperuit Illis” di Papa Francesco, mons. Pitta ricorda come per ben diciannove volte venga scandito il termine ‘popolo’, “declinandolo con l’unità intorno alla Parola di Dio: è il suo filo conduttore”.

“Mai come in questo frangente - sottolinea - la Chiesa avverte il bisogno dell’unità, e di quell’unità generata dalla Parola di Dio, il suo essenziale marchio identitario. I buoni ministri della Parola non si servono della Bibbia per asservire il popolo, ma sono a servizio della Parola per servire il popolo. L’unità generata dalla Scrittura approda in quella della Chiesa che si riconosce ‘un solo corpo, un solo spirito, una sola speranza e un solo Signore’, come ci ricorda la lettera agli Efesini”.

La Scrittura è così incisiva sul popolo che gli permette di passare dal pianto alla gioia”, aggiunge. Mons. Pitta sottolinea, inoltre, come “la sacramentalità della Parola non denota un sacramentale minore, ma al contrario un’imprescindibile sacramentalità originaria: senza la Scrittura i sacramenti impediscono di riconoscere il corpo eucaristico ed ecclesiale di Cristo e cadono nell’individualismo dei culti misterici”.

 

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