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“In tutta la Cina, la gente parla della morte del dottore che per primo ha scoperto il virus” scrive sui social il professor Stefano Biavaschi.

Li Wen Liang nato a Beizhen, il 12 ottobre 1986, medico oculista dell’ospedale centrale di Wuhan, è stato uno dei primi medici a riconoscere il Coronavirus, lanciando l’allarme già il 30 dicembre 2019 e per questo in un primo momento fu perseguitato dalle autorità cinesi, che lo arrestarono perché credevano stesse diffondendo notizie false su internet del virus. Il governo cinese accortosi solo in un secondo momento della gravità del Coronavirus si è scusato e gli ha ridato il suo incarico nell’ospedale.

Nonostante la gravità della situazione, il giovane medico si è dedicato anima e corpo alla cura dei suoi pazienti. Li Wen Liang ha contratto il Coronavirus mentre curava un suo paziente ed è morto il 7 febbraio alle ore 2:58, lasciando una moglie incinta e un figlio. Come suo testamento un testo molto toccante in cui da l’addio alla sua famiglia professando la fede, citando la Seconda lettera di San Paolo apostolo a Timoteo “Ho combattuto la buona battaglia ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione”. Emblematico il gesto d’amore che ha portato il medico alla morte rendendolo un eroe per il popolo. Sembra quasi che il giovane medico abbia compreso che Dio lo avesse scelto per testimoniare la fede in un momento critico per il suo popolo e per tutta la Cina facendo della sua morte una parola di speranza poiché il regime cinese è sostanzialmente ateo e reprime con forza quasi tutto ciò che riguarda le confessioni religiose presenti in Cina.  

Ecco il testo che ha lasciato e diffuso su internet al pastore Dencio Acop

“Non voglio essere un eroe.
Ho ancora i miei genitori,
i miei figli,
mia moglie incinta che sta per partorire
e ci sono ancora molti miei pazienti nel reparto.
Sebbene la mia integrità non possa essere scambiata con la bontà verso gli altri,
nonostante la mia perdita e confusione,
devo ancora continuare,
Chi mi ha lasciato scegliere questo paese e questa famiglia?
Quanti lamentele ho?
Quando questa battaglia sarà finita,
io guarderò il cielo,
con lacrime che sgorgheranno come pioggia.

Non voglio essere un eroe,
ma solo un medico,
non riesco a guardare questo virus sconosciuto
che fa del male ai miei pari
e a così tante persone innocenti.
Anche se stanno morendo,
mi guardano sempre negli occhi, con la loro speranza di vita.

Chi avrebbe mai capito che stavo per morire?
La mia anima è in paradiso,
guardando quel letto bianco di ospedale,
su cui giace il mio stesso corpo,
con la stessa faccia familiare.
Dove sono mio padre e mia madre?
E la mia cara moglie,
quella ragazza per cui stavo lottando fino all’ultimo respiro.
C’è una luce nel cielo!
Alla fine di quella luce c’è il paradiso di cui spesso la gente parla.
Preferirei non andare,
preferirei tornare nella mia città natale a Wuhan.
Ho la mia nuova casa lì appena acquistata,
per la quale devo ancora pagare il prestito ogni mese.
Come posso rinunciare?
Come posso cedere?
Per i miei genitori perdere il figlio quanto deve essere triste?
La mia dolce moglie, senza suo marito, come potrà affrontare le future vicissitudini?

Me ne sono già andato
Li vedo prendere il mio corpo,
metterlo in una borsa,
dentro la quale giacciono molti connazionali.
Andati come me,
spinti nel cuore del fuoco,
all’alba.

Arrivederci, miei cari.
Addio, Wuhan, la mia città natale.
Spero che, dopo il disastro,
ti ricorderai che qualcuno ha provato a farti sapere la verità il prima possibile.
Spero che, dopo il disastro,
imparerai cosa significa essere giusti.
Mai più brave persone
dovrebbero soffrire di paura senza fine
e tristezza profonda e disperata.

Ho combattuto la buona battaglia,
ho terminato la corsa,
ho conservato la fede.
Ora c’è in serbo per me la corona della giustizia” (Li Wen Liang).

 

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