Il comunicato diramato dalla Cei e confermato dalla nota della Conferenza episcopale pugliese, sulla sospensione delle celebrazioni con concorso di popolo, a scopo preventivo, per contrastare la diffusione del Coronavirus Covid-19, ha destato qualche perplessità nonché un senso di smarrimento e di confusione tra i fedeli, consacrati e clero.
Sono ancora vive le parole dell’introduzione nell’enciclica sull’eucaristia di San Giovanni Paolo II: “La Chiesa vive dell'Eucaristia. Questa verità non esprime soltanto un'esperienza quotidiana di fede, ma racchiude in sintesi il nucleo del mistero della Chiesa. Con gioia essa sperimenta in molteplici forme il continuo avverarsi della promessa: « Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo » (Mt 28,20); ma nella sacra Eucaristia, per la conversione del pane e del vino nel corpo e nel sangue del Signore, essa gioisce di questa presenza con un'intensità unica. Da quando, con la Pentecoste, la Chiesa, Popolo della Nuova Alleanza, ha cominciato il suo cammino pellegrinante verso la patria celeste, il Divin Sacramento ha continuato a scandire le sue giornate, riempiendole di fiduciosa speranza” (Ecclesia de Eucharistia, n.1).
Tutti noi sappiamo che l’eucaristia è il sommo bene che il Signore Gesù ci ha lasciato come memoriale della sua Pasqua. Come fare in questi giorni in cui sono sospese le celebrazioni comunitarie dell’eucaristia? Come comportarsi? La risposta immediata sarebbe dire: “Ci sono i mezzi di comunicazione attraverso i quali vengono trasmesse le celebrazioni in particolare quella della Santa Messa”. Anche il Papa in questi giorni di difficoltà e di sofferenza, per un senso di vicinanza al popolo di Dio, celebra l’eucaristia privatamente dal suo luogo di residenza e raggiunge tutti attraverso i mezzi di comunicazione.
Ci si domanda se le celebrazioni trasmesse dai social rispondano a quella raccomandazione della Riforma liturgica sulla “consapevole e attiva partecipazione”.
È evidente che in queste righe non possiamo discutere approfonditamente sul concetto di partecipazione per altro concetto complesso e delicato.
Di certo, in questi giorni di prova, per chi ordinariamente partecipa alla santa messa quotidiana, “partecipare” alla celebrazione attraverso i mezzi di comunicazione è un validissimo strumento per alimentare la nostra vita spirituale.
Però, c’è anche da aggiungere che la messa quotidiana non è l’unica ed esclusiva forma per nutrirsi spiritualmente.
Il codice di diritto canonico, al canone 1248, paragrafo secondo, recita così: §2. “Se per la mancanza del ministro sacro o per altra grave causa diventa impossibile la partecipazione alla celebrazione eucaristica, si raccomanda vivamente che i fedeli prendano parte alla liturgia della Parola, se ve n'è qualcuna nella chiesa parrocchiale o in un altro luogo sacro, celebrata secondo le disposizioni del Vescovo diocesano, oppure attendano per un congruo tempo alla preghiera personalmente o in famiglia o, secondo l'opportunità, in gruppi di famiglie”.
Dunque, se da una parte la precauzione dal contagio da coronavirus Covid-19 ci impone la sospensione comunitaria della celebrazione eucaristica e di altre celebrazioni liturgiche, è anche vero che ci dà la possibilità di riscoprire e rendere vivo il tema del nostro anno pastorale diocesano: “Dalla mensa eucaristica alla mensa domestica”, per alimentare la nostra vita cristiana, attraverso altre forme di comunione con il Signore, che forse abbiamo dimenticato o trascurato: la preghiera individuale; la preghiera della liturgia delle ore, anche nella forma individuale; la lettura e meditazione della Parola di Dio; la recita del santo rosario in forma individuale o famigliare e, in questo tempo di Quaresima, il pio esercizio della via Crucis, riscoprendo la comunione spirituale.
Questo tempo che stiamo vivendo veramente ci vuole preparare a far rivivere il senso quaresimale, non solo da un punto di vista spirituale per prepararci alla celebrazione della Pasqua del Signore, ma ancor di più ci vuole educare a riscoprire seriamente la dimensione liturgica all’interno della vita ecclesiale per poter passare effettivamente dal rito alla vita cristiana.