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Alcune feste principali hanno bisogno di un certo tempo perché si attenui fino ad affievolirsi la vibrazione e la risonanza da esse prodotte.

 

 

 

Nella Chiesa primitiva, il mistero pasquale di Cristo era celebrato non solo nei tre giorni pasquali, ma anche nelle successive sette settimane, denominate come il tempo pasquale dei cinquanta giorni, da cui deriva il termine greco pentēcosté (50° giorno).

La normativa liturgica avverte i cristiani a celebrare i cinquanta giorni che si succedono dalla domenica di Resurrezione alla domenica di Pentecoste «nell’esultanza e nella gioia come un solo giorno di festa, anzi come la “grande domenica”». Non è a caso che le domeniche di questo periodo non sono denominate “domeniche dopo Pasqua”, ma sono chiamate “domeniche di Pasqua”, laddove la Pasqua, con il suo contenuto misterico, che san Gregorio Nazianzeno chiama festivitatum festivitas, si dilata in questo tempo gravido della presenza del Risorto.

È proprio questa presenza a far sì che il periodo pasquale è considerato come il laetissimum spatium, espressione cara a Tertulliano, spazio di immensa e intensa gioia, per la promessa mantenuta dal Signore: «Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).

La liturgia di questo periodo pasquale, mentre ci fa pregare chiedendo al Padre di poter vivere «con rinnovato impegno questi giorni di letizia in onore del Cristo Risorto», ci esorta pure, nel trascorrere inesorabile dei giorni, a riconoscere il Risorto che è in mezzo a noi (cf. Gv 20,19-29), vincendo la paura del tempo che divora ogni cosa e delle situazioni di precarietà e vulnerabilità che rinchiudono nella solitudine e nello sconforto.

Un messaggio di speranza, dunque, quello che proviene dal tempo pasquale e destinato al tempo attuale, segnato dalla preoccupazione del futuro!

Il rinnovato impegno di cui il cristiano deve essere rivestito si corrobora a partire dalla consapevolezza che questo tempo è tempo di rinascita e tempo di comunione fraterna.

Tempo di rinascita: la Pasqua coincide con il periodo della primavera, stagione nella quale tutto riprende vita, e ciò non genera semplici effetti sentimentali, ma provoca un risveglio della coscienza dell’uomo perché ritorni ad appartenere a Cristo e a riconoscersi creatura di Dio. La presenza del Risorto in mezzo ai suoi discepoli è fonte di nuova vita, quella inaugurata dalla Pasqua, per cui l’eternità rifluisce nel tempo presente contagiandolo di nuova vitalità.

Tempo di comunione fraterna: la primitiva comunità cristiana, all’indomani della risurrezione del Signore, si trova riunita insieme nell’ascolto della parola di vita e nella condivisione fraterna. Dopo la sua risurrezione, Gesù Risorto educa gli apostoli, attraverso le apparizioni, a compredere i segni nuovi della sua presenza nel mondo. Egli, il Vivente, mentre si fa toccare e spezza il pane, si mostra come il Pastore buono, la via, la vite. Con la sua passione, morte e risurrezione, Egli mentre unisce i fratelli nell’amore, rendendoli un cuor solo e un’anima sola, sostiene pure coloro che si trovano nelle avversità della vita.

Il tempo liturgico della Pasqua avvolge con slancio protettivo il tempo dell’uomo, il nostro tempo, un tempo segnato dall’emergenza sanitaria dell’epidemia, perché non venga meno la fiducia, non si affievolisca la speranza e non si arrenda la carità.

Homo viator spe erectus”, recita un antico adagio medievale: l’uomo può camminare, può compiere il viaggio della vita, grazie alla speranza che gli consente di mantenere la postura eretta, da risorti, e di guardare con fiducia al futuro.

Per poter camminare come viandanti verso una meta è importante sentirsi sostenuti dalla speranza. E la speranza per noi cristiani ha un nome: si chiama Gesù. È Lui Risorto che ci permette di attraversare le difficoltà senza cedere allo sconforto, come è avvenuto per i due discepoli di Emmaus.

Affidiamoci a Lui, e sentiremo ancora una volta nelle nostre case, nelle nostre famiglie, nella nostra anima la sua presenza viva e operante che sussurra al cuore di ciascuno di noi il suo augurio pasquale: «Pace a voi!».

                                                                                                                                                        *Docente presso il Pontificio Istituto Liturgico “Sant'Anselmo” - Roma

 

 

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