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Ma quale può essere il ruolo della donna nella formazione al sacerdozio dei seminaristi e in una Chiesa che si fonda su un'impostazione clericale più che nuziale?

 

 

 

A queste domande ancora difficili risponde il cardinale Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i vescovi, su Vatican news (LEGGI QUI)

Il modello clericale e maschilista della Chiesa ancora non fa vedere la realtà ecclesiale che si deve fondare sul battesimo, più che sull’amministrazione dei sacramenti. È il battesimo con i suoi doni (profezia, sacerdozio universale e regalità-servizio al prossimo) che apre le porte, permette di vivere e agire nella Chiesa e non la funzione che si esercita in essa. Dice il cardinale: “la funzione è molto secondaria perché essa è al servizio del battesimo”. Per questo è opportuno puntare ad una ecclesiologia “nuziale”. Chiarisce il presule rifacendosi a Papa Francesco: “quando dico nuziale io metto l’amore al primo piano. Questo vale non solo per gli sposi ma anche per la vita consacrata, per la vita sacerdotale, ministeriale, tutto è unificato in questo rapporto nuziale fra Cristo e la Chiesa che rivela al mondo il mistero di Dio che è amore”.

Secondo il Prefetto vaticano questa distorsione nel vivere l’appartenenza alla Chiesa nasce nella fase di formazione dei sacerdoti all’interno dei seminari e nei luoghi di proposta e scelta della Chiesa, luoghi dove sarebbe auspicabile una maggiore presenza qualificata dell’universo femminile. Qualcosa sta cambiando, ma troppo lentamente. Su quest’ultimo ambito una volta perfino l’allora card. Ratzinger lanciò l’ipotesi del conferire la porpora alle donne, nel caso specifico a Madre Teresa, essendo il cardinalato non un sacramento ma un titolo onorifico.

La presenza del genio femminile all’interno dell’iter formativo dei sacerdoti rimane ancora carente. Secondo il card. Ouellet: “Credo che l’esperienza della collaborazione con donne a un livello paritario aiuti il candidato a prospettare il suo futuro ministero e il modo in cui saprà rispettare le donne e collaborare con loro. Se non si comincia durante la formazione, il prete rischia di vivere il suo rapporto con le donne in modo clericale”.

Infatti se si pensa alla formazione globale della persona che si prepara alla scelta radicale del sacerdozio non può mancare assolutamente la presenza di figure femminili: “La donna può accompagnare la formazione umana, un aspetto che non è abbastanza sviluppato nei seminari. È necessario valutare il grado di libertà dei candidati, la loro capacità di essere coerenti, di stabilire il loro programma di vita, e anche la loro identità psicosociale e psicosessuale”.

Questo, naturalmente chiosa il cardinale, per arginare derive compensatorie: “Se è assente l’interazione tra i sessi, c’è il rischio di sviluppare compensazioni... che possono essere di tipo alimentare, oppure esprimersi nell’esercizio del potere, o in relazioni chiuse, una chiusura che diventa manipolazione, controllo... e che può sfociare negli abusi di coscienza e negli abusi sessuali”.

 

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