0
0
0
s2sdefault

Il 7 settembre 1860 fu il giorno più lungo e strepitoso della vita di Antonietta de Pace, quello per il quale il suo nome sarebbe rimasto avvinto alla via più bella e più lunga della sua Gallipoli, nella quale il 2 febbraio del 1818 era nata.

 

 

 

 

Quel giorno la vide seduta in carrozza accanto a Giuseppe Garibaldi che faceva il suo ingresso trionfale in Napoli, dalla quale, due giorni prima, erano partiti alla volta di Gaeta Francesco II e Maria Sofia, e quel percorso per le vie della capitale, salutato dagli applausi frenetici e dalle prolungate ovazioni del popolo delirante di entusiasmo, rese a tutti manifesto l’omaggio che il dittatore rendeva a colei che, al pari di tanti patrioti meridionali, aveva cospirato negli anni bui dei Borbone mantenendo viva la fiamma dell’unità della Patria.

Orfana a otto anni del padre Gregorio, che era un facoltoso banchiere ed era stato misteriosamente avvelenato, Antonietta, ultima di quattro sorelle, fu allevata dal cognato Epaminonda Valentini che, fervente mazziniano, aveva diffuso e dirigeva in Terra d’Otranto il movimento insurrezionale della Giovane Italia, al quale, giovanissima, Antonietta aderì con entusiasmo ed intrepida fede, collaborando col cognato nella organizzazione della società.

Scoperto ed arrestato, il Valentini si spense il 1849 nelle carceri di Lecce, dove era ristretto in detenzione preventiva; questo fatto determinò il trasferimento della vedova, della cognata e dei figli a Napoli dove Antonietta fu sollecita a riannodare le relazioni del cognato con i patrioti incarcerati, liberi o riparati fuori regno, ed a stringere vincoli di amicizia e di solidarietà con altre intrepide donne.

Frenetica fino all’audacia più spericolata fu la sua azione politica durante il dodicennio, soccorrendo i più bisognosi patrioti incarcerati, procurando l’invio a destinazione delle lettere che uscivano segretamente dai reclusori.

Dal ritiro di San Paolo, in cui era stata accolta quale corista, Antonietta era passata a vivere con la sorella di Epaminonda, Caterina, con la quale divideva l’appartamento quando, nell’agosto 1854, fu arrestata e tradotta nel carcere di Santa Maria di Agnone a disposizione dell’autorità giudiziaria che imbastì il processo contro di lei.

Sostenne con fierezza l’interrogatorio, protestando con grande prontezza di spirito la sua innocenza e respingendo gli addebiti di avere fatto parte di un’associazione che aveva per scopo l’abbattimento del governo.

Ormai, il moto rivoluzionario si era fatto inarrestabile e Garibaldi, sbaragliati i borbonici in Sicilia, era passato con le camicie rosse nel continente; il 6 di settembre era a Salerno dove la de Pace lo salutò ringraziandolo di essere venuto a liberare il Mezzogiorno con la promessa che l’indomani l'avrebbe accompagnato a Napoli.

Così fu, e quello fu il giorno del trionfo dell’intrepida donna, cui il Generale affidò la direzione dell’ospedale del Gesù.

Anche in quell’incarico brillò la capacità della de Pace che non risparmiò fatiche e disagi finché sulla sua abnegazione non prevalse il cedimento della salute, onde Garibaldi ordinò che si curasse in casa dove le fece pervenire un vitalizio di venticinque ducati al mese.

Nel 1861 intraprese con Beniamino Marciano, che l’aveva sposata, un viaggio di due mesi che la portò a Torino, dove assistette a qualche seduta del Parlamento, a Milano, ai campi di battaglia dove si era combattuto per la Patria, a Como ed a Genova, dove si imbarcò per Napoli e dove dovette separarsi dal marito richiamato alle armi per una spedizione contro i briganti operanti in Basilicata.

All’Italia unita mancavano ancora Venezia e Roma e, pur dopo Aspromonte, Antonietta si votò alla causa di procurare aiuti ai volontari guidati da Garibaldi, svolgendo attiva propaganda in favore di Roma capitale.

Entusiasta del successo di Porta Pia, torno all’azione di sagace, amministratrice, accettando l’incarico comunale di ispettrice delle scuole della sezione di Napoli che tenne fino al 1862.

Gli anni successivi le riservarono non pochi dolori e preoccupazioni che incisero sulla forte salute: la malattia del marito ed il suicidio del nipote Giuseppe Marciano.

Morì a Napoli il 4 aprile 1893.

Di lei rimane il nome dato a due vie in Napoli ed in Gallipoli, nel cui museo si conserva il ritratto eseguito da Francesco Sagliano e la commemorazione tenuta da Giovanni Bovio in Lecce che le intitolò una scuola.

 

Forum Famiglie Puglia