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Un importante ricordo affidato ad Anna Di Milia in Tongiorgi e il suo desiderio di donarlo: questa è la suggestiva storia di un calice da messa d’argento dorato ereditato dalla pronipote, nata a Lecce il 18 settembre 1934 e deceduta a Pisa il 23 settembre 2022, appartenuto al suo antenato mons. Evangelista Di Milia, vescovo cappuccino della diocesi di Lecce alla fine dell’800.

 

 

Negli ultimi anni di vita Anna Di Milia comunicò ai figli la volontà di donare il calice al Museo diocesano di arte sacra dell’arcidiocesi di Lecce. E proprio per onorare la volontà dell’amata madre i figli hanno dato seguito a tutti gli atti formali per la donazione di questo straordinario pezzo d'arte sacra al Museo diocesano di Lecce, che avverrà ufficialmente domattina, 5 febbraio, con una semplice e intima cerimonia alla presenza dell’attuale arcivescovo di Lecce, Michele Seccia, successore, dopo oltre un secolo, del vescovo Di Milia, sulla cattedra di Oronzo.

Il calice è stato attribuito dagli esperti ad una manifattura napoletana del tardo XVII o, con più probabilità, della prima metà del XVIII secolo. Secondo le testimonianze dei fratelli di Anna, Giuseppe, Francesca e Gabriella Di Milia, il calice ha una storia particolare: originariamente donato a mons. Evangelista Di Milia, il vescovo lo custodiva in una piccola cappella con altare presso la casa del nonno di Anna, Giuseppe Di Milia, coniugato con Antonietta Nicolais, un’abitazione costruita a ridosso del castello di Calitri in provincia di Avellino. Negli anni '60-'70 del 1900, il calice fu trasferito a Roma, nella casa del padre di Anna, Beniamino Antonio Di Milia, coniugato con Flora Leo. Dopo la scomparsa di Flora, il calice fu ereditato da Anna negli anni '90. La decisione di donare il calice d'argento dorato al Museo dell’arcidiocesi di Lecce va ben oltre il semplice atto di trasferire un oggetto prezioso. Questa donazione rappresenta un legame tangibile tra la storia di una famiglia e il patrimonio culturale e religioso della comunità leccese.

Il calice, con le sue radici nel passato e la sua storia ricca di significato, diventa un ponte tra le generazioni. La decisione di Anna Di Milia di destinare questo oggetto al museo non solo preserva il patrimonio artistico e religioso, ma offre anche l'opportunità di condividere una storia che va oltre il valore materiale dell'oggetto.

La donazione si traduce in un atto di generosità e dedizione alla trasmissione della cultura religiosa del luogo, di un passato che rivive, di un’eredità personale che diventa collettiva. Attraverso il Museo diocesano d’arte sacra di Lecce, il calice diventa la narrazione di una storia, un ponte tra passato e futuro, connessione con il presente, fonte di riflessione per le nuove generazioni di una testimonianza di fede e di storia che continuerà nel tempo.

Evangelista Di Milia, nato a Calitri il 6 gennaio 1842 da Giuseppe e Francesca Margotta, battezzato con il nome di Michele Antonio, compie i primi studi a Napoli, guidato dagli zii il prof. Vito Antonio Margotta, protomedico della città e il capitano Giovanni Margotta. Nel 1858, a soli 16 anni, sentì la chiamata alla vita religiosa ed entrò nel noviziato dei Cappuccini della provincia di Salerno e Basilicata e dopo un anno si trasferì a Palermo per proseguire i suoi studi, interrotti dalla rivoluzione del 1860. Trasferitosi poi a Bologna qui ultimò il corso teologico. Da Bologna a Roma e poi il trasferimento in Francia dove apprese perfettamente la lingua e ordinato sacerdote il 16 luglio del 1864, si impegnò in un ciclo di quaresime e missioni, predicando con passione e competenza a Parigi, Versailles, Lione, Begonne, Tour e a Meux. Nel 1870 in seguito all’invasione della Francia da parte dell’esercito germanico, Padre Evangelista si trasformò in apostolo di carità sui campi di battaglia. La caduta di Napoleone III lo costrinsero a rifugiarsi in Inghilterra, dove appresa con facilità la lingua, divenne primo parroco a Londra nella chiesa dei Seven Dolors. Proseguì la sua missione a Pontypool, Manchester, Cleuster, Dublino e a Corh dove visse per ben dodici anni dedicandosi alla cura pastorale. Nel 1884 fu richiamato a Roma e dopo vari importanti incarichi fu nominato vescovo di Cassano allo Jonio il 22 agosto del 1889. Fu tanto e tale il suo lavoro che Papa Leone XIII lo premiò per i suoi meriti nominandolo suo prelato domestico, conferendogli il titolo nobiliare di Conte romano. Il 29 settembre 1898 il Papa comunicò il trasferimento alla più importante sede di Lecce, avvenuto trionfalmente il 5 marzo 1899. Padre affettuosissimo, apostolo fervente, pastore ed amico, instancabile nunzio di pace, di rettitudine e progresso, morì improvvisamente a Calitri il 17 settembre 1901, a soli 59 anni.

 

 

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