Gli squinzanesi, si sa, hanno tratti inconfondibili. Sono gente laboriosa, pragmatica, portata alla concretezza. Ma sono dotati anche di una forte carica spirituale, frutto di intere generazioni capaci di vivere sulla terra con gli occhi rivolti al cielo.
Emblematica risulta, a tal proposito, la figura della mistica Maria Manca (1571-1668), di cui ricorre il 350° anniversario della morte ed il quarto centenario dell’apparizione che la vide protagonista: due eventi solennizzati attraverso uno speciale anno mariano cittadino.
È opportuno allora rievocare la vicenda di quest’umile popolana poiché essa è scesa così nel profondo da costituire ormai parte del dna religioso squinzanese. Nel corso di questi quattro secoli, del resto, non pochi hanno cercato di scrutarne la carismatica personalità, a cominciare da quel don Mauro Paticchio (pronipote della veggente) che firmò una prima ricostruzione dei fatti, sino a giungere agli studi di Antonio Luigi Carluccio e di Tiziana Giurgola.
Ma chi era dunque Maria Manca? Le fonti la descrivono come una pia mulier, una donna devota, rimasta presto orfana, andata presto sposa e trovatasi presto vedova. Una donna virtuosa, colma di bellezza, ma che fu vittima di un tremendo maleficio ordito da un lussurioso spasimante che, volendo ad ogni costo divenire il suo nuovo marito, non si fece scrupolo di rivolgersi ai masciári di Soleto. Fu così che Maria, che aspirava a vivere da consacrata, si ritrovò posseduta, come la donna dei sette demoni di evangelica memoria. La sua avvenenza sfiorì: il corpo, una volta tanto desiderato, iniziò a ricoprirsi di piaghe putrescenti, l’anima sperimentò il tormento delle ossessioni demoniache.
L’arcivescovo Scipione Spina la sottopose più volte ad esorcismo nella chiesa greca di Lecce ma tutto sembrava inutile. Almeno sino al 21 Ottobre 1618. Quel giorno, recatasi per la raccolta delle ulive in un podere della contrada Nunziatella (lì dove oggi sorge un’edicola sacra molto venerata) Maria avrebbe visto la Vergine che, mossasi a pietà, veniva a salvarla. La Regina del Cielo le consegnò infatti un meraviglioso garofano da portare al Crocifisso di Galatone, promettendole quindi la totale libertà da ogni vessazione malefica. In una sorta di personale esodo, la devota veggente percorse a piedi i quaranta chilometri che la separavano dal santuario galatonese e quando il fiore venne offerto sull’altare, le catene che la legavano agli spiriti maligni furono infrante. A testimonianza del miracolo avvenuto la donna riacquistò la primitiva bellezza. Da quel momento la sua persona effonderà un freschissimo, misterioso, profumo e sul palmo della mano destra resterà come impressa l’icona del garofano ricevuto.
Qui comincia un’altra storia perché, dopo l’apparizione, Maria passò dalle oppressioni demoniache alle estasi mistiche e dall’essere madre dei bambini frutto delle sue nozze a divenire un’autentica madre spirituale della propria comunità. In tale ottica è da intendere la costruzione, da lei voluta, della monumentale chiesa dell’Annunziata, che a buon diritto può essere considerata il Sancta Sanctorum della fede squinzanese. Presso quel luogo santo, che sarà visitato anche da San Giuseppe da Copertino e dal futuro papa Innocenzo XII, la veggente poté seguire finalmente la propria vocazione, vivendo in preghiera e, per quanto le era concesso, in solitudine, come una novella Maria Egiziaca. Lì ricevette il vescovo Pappacoda che, desideroso di interrogarla, restò colpito dalla sua saggezza. Lì infine si spense, quasi centenaria, nel giorno dell’Epifania del 1668, lei che per tutta l’esistenza altro non era stata che una manifestazione del soprannaturale. Sia dunque riscoperta la memoria di Maria Manca, mistica e ossessa, moglie di uomini e sposa di Dio, l’umile donna attraverso cui la Vergine volle fare di Squinzano un frammento di regno dei cieli deposto in questa rossa terra del Salento.