Soltanto di recente nei paesi di tradizione cristiana o cristianizzati l’inizio del nuovo anno si compie alla mezzanotte del 31 dicembre.
In Italia il capodanno variava da regione a regione e da città a città: in Calabria ed in Puglia, quindi anche a Lecce e nel Salento attuale, dal Medioevo e fino al secolo XVI vigeva lo stile bizantino che celebrava l’inizio del nuovo anno il 1° settembre.
Il giorno di capodanno, che non era festivo, i Romani usavano invitare a pranzo gli amici per scambiarsi doni e ramoscelli di alloro, cosiddetti strenae, strenne, ritenuti beneauguranti perché venivano presi in un boschetto consacrato alla dea Strenia. Successivamente si denominarono strenne i doni di vario genere (a volte anche danaro) che oggi ci scambiamo a Natale.
Nell’antico linguaggio locale salentino la strenna si indicava coi termini strina o strena; nella Grecìa salentina il capo d’anno era atteso dai bambini con l’ansiosa aspettativa di ricevere la strina e, per l’occasione, le mamme confezionavano la pungeddhra, una sorta di sacchettino dove ponevano qualche spicciolo, che facevano trovare sul letto la mattina del 1° gennaio. Svegliandosi il bambino trovava questa gradita sorpresa che appuntava sul proprio abito e col quale andava in casa di parenti ed amici perché lasciassero cadere qualche moneta.
La consuetudine di fare o portare la strena era diffusa anche tra i rappresentanti della chiesa: alla fine di ogni anno, il Capitolo offriva al vescovo di Lecce e ad alti prelati della diocesi alcuni stari, stai, colmi di miele di pregiata qualità, prodotto principalmente a Melendugno.