Cosa riserverà al futuro dell'umanità lo sviluppo dell'intelligenza artificiale e tutto ciò che ne deriva?
Attorno a questo stimolante interrogativo ha svolto la sua “lectio magistralis” Roberto Cingolani, Direttore scientifico dell'Iit (Istituto Italiano di Tecnologia) di Genova e già Docente di Nanotecnologie in Unisalento, all'inaugurazione del 64° Anno accademico di Unisalento, svoltasi venerdì scorso.
Il relatore ha sottolineato la velocità nel cambiamento che caratterizza la generazione presente e che corrisponde, in termini di impatto, a quello che si verificava in almeno dieci generazioni, in precedenza.
La questione può, addirittura, spaventare, se la si affronta con la struttura mentale precedente, ma assume una grande sfida per le generazioni future e per le istituzioni (in primis l'Università) che debbono provvedere ad impostare la loro formazione.
Circa l'angosciante domanda del titolo, Cingolani è stato rassicurante, sostenendo che l'energia e la capacità dell'essere umano sono e resteranno di gran lunga superiori a quelle del migliore cervello elettronico.
I robot, in altre parole, non avranno mai la creatività di un essere umano e si limiteranno sempre ad eseguire solo ciò che viene loro imposto dall'uomo che li comanda.
Interrogativi nuovi si apriranno, comunque, in molti ambiti della realtà, ad iniziare, ha sostenuto Cingolani, da quello giuridico legale.
“Se un robot commette un delitto - si è chiesto il relatore - ci sarà reato?”. È del tutto evidente che anche le cosiddette “scienze umane” dovranno sentirsi coinvolte, via via che gli scenari diventeranno realtà, perché occorrerà prevedere confini e stabilire responsabilità.
Siccome, come sostiene Rudolf Carnap, “la scienza non ha morale”, è evidente che dell'uso che di essa si farà sarà responsabile sempre l'uomo, che dovrà badare di non diventare mai schiavo della stessa.
“Al centro l'uomo”, dunque, sempre e comunque, per evitare derive che conducano l'uomo “a darsi la morte con le sue stesse mani”, per dirla con Sergio Cotta.
E, infine, l'autorevole scienziato, di fama internazionale, che non dimentica di essere un professore, rivolgendosi agli studenti presenti, li ha invitati a perseverare negli studi, in maniera transdisciplinare, perché la complessità del contesto attuale richiede sempre più che esperti di ambiti disciplinari diversi si siedano attorno ad uno stesso tavolo e sviluppino la capacità di un approccio “di gruppo” per la soluzione dei problemi.