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La lotta di classe, anzi della “geoclasse”, data ampiamente per morta, suggerisce che invece è più viva che mai e che la storica contrapposizione tra destra e sinistra, si è trasformata ed associata ad una spaccatura tra città e campagna.

 

 

 

Analizzando i recenti flussi elettorali, si è rilevato che, come avveniva nell’Ottocento, il voto popolare urbano premia i partiti socialisti, operai e radicali, mentre quello rurale privilegia i conservatori e i liberali. La “geoclasse” quindi consente di incrociare le diseguaglianze sociali con quelle territoriali.

Per Marx, gli interessi degli operai e dei contadini erano inconciliabili, ma senza creare un grosso problema, visto che, secondo lui, i contadini erano destinati a scomparire dalla storia.

Oggi si rileva che le classi sociali di entrambi i mondi ritengono che ciò che le unisce sia molto più importante di ciò che le divide.

In Europa, forse, siamo andati troppo avanti nella deindustrializzazione e, anche nelle questioni ambientali, il mondo urbano non può continuare a colpevolizzare il mondo rurale.

Ad inquinare contribuiscono più le classi privilegiate, che usano l’aereo per il weekend, rispetto agli abitanti delle campagne, che usano l’auto per andare a scuola o al lavoro.

Il modo migliore per comprendere i fenomeni sociali, consiste nel tornare a leggere la storia e, nel caso di cui trattiamo, la storia ci ricorda che la contrapposizione che divide le due categorie distinte ha avuto un confine netto, una frontiera certa, rappresentata dalle mura, che hanno contraddistinto la città storica.

Abbiamo assistito ad una costante resistenza della campagna al dominio della città, rappresentata anche dai campagnoli, ma che ora è stata sostituita dalla “cattiveria” della natura e dei suoi processi entropici.

Il fenomeno più significativo, però, è rappresentato dalla progressiva scomparsa della campagna: il suolo si divide tra quello cementificato e quello inselvatichito, mentre il terreno agricolo diminuisce.

Oggi la contrapposizione mette sempre più la città di fronte alla natura, ma senza l’uomo! Per la natura, d’altra parte, la sopravvivenza della nostra specie è indifferente!

Per questo, l’intrusione della campagna dentro la città (il c.d.”verde urbano”) si manifesta come la giusta risposta al bisogno di verde, alla riduzione dell’inquinamento e dei gas serra.

La prima conclusione consiste, dunque, nel rapporto tra ambiente antropizzato e ambiente abbandonato, ritenendo che le zone abbandonate sono, in realtà aree vitali.

La seconda ci propone una soluzione nuova: l’ambiente rurale e quello urbano non vanno separati da un confine netto, ma mantengono frontiere permeabili e intrusioni reciproche, ricostituendo una dualità interagente.

Per evitare la distruzione della campagna, non va riproposto il ritorno verso la città compatta, quanto piuttosto la messa a dimora di “semi” di urbanità rurale e, al tempo stesso, di “semi” di ruralità urbana.

Le aree dismesse delle città non vanno necessariamente riusate.

Possono anche utilmente tornare ad essere pezzi di campagna e ad essere abbandonati a processi di rinaturalizzazione.

Poiché la situazione è in movimento, il modo migliore di prepararsi alle trasformazioni del futuro consiste nel tornare a leggere la storia.

 

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