L’episodio di bullismo registratosi nei giorni scorsi in un istituto scolastico del basso Salento, ci obbliga a riflettere seriamente sulle finalità della scuola.
L’istituzione formativa per eccellenza è stata sottoposta, negli ultimi anni, a spinte e controspinte riformistiche, che hanno finito per minarla nelle fondamenta e metterne in crisi la sua stessa sopravvivenza.
È giunto il momento di chiedersi se la scuola debba continuare ad essere concepita, quasi esclusivamente, come “ammortizzatore sociale”, cioè per dare il posto di lavoro a chi ci insegna, oppure se non si debba, finalmente, concepirla in funzione dell’apprendimento e dell’educazione degli alunni.
Questa ultima opzione ci interessa particolarmente. Siamo sicuri che le famiglie vogliano ancora che la scuola educhi, oltre che istruire ?
E se la risposta fosse affermativa, allora dovrebbe giungere forte la richiesta di avere docenti ben preparati a svolgere un ruolo che è fondamentale per lo sviluppo armonico della personalità degli allievi e per il progredire armonico della stessa società.
Se fosse vero che (come le cronache riferivano) all’episodio di bullismo di cui sopra avrebbe assistito, impavido e disinteressato, un insegnante, la cosa assumerebbe una dimensione ancor più preoccupante.
Vorrebbe dire,infatti, che la scuola ha totalmente abbandonato la sua “missione” educativa e qualche dubbio sorge addirittura per quella formativa, a giudicare dai risultati delle indagini internazionali (Ocse Pisa e non solo) che continuano, impietosamente, a porre agli ultimi posti i livelli di apprendimento dei nostri studenti.
Può sembrare provocatoria, ma la domanda va pur posta: se la scuola non educa e non è più in grado neppure di insegnare, a che ed a chi serve?
È tempo che i decisori politici, di ogni schieramento, ma anche i cittadini, riflettano su questi interrogativi e decidano se e quale futuro vogliono per la scuola delle future generazioni.